Per la serie Racconti in Causa, siamo lieti di pubblicare un breve racconto di Marisa Salabelle, che riporta un dialogo realmente avvenuto tra l'autrice stessa e un editore a pagamento che cercava di convincerla a sborsare la modica cifra di 3.600 euro.
Approfittiamo per ribadire che siamo contrari all'editoria a pagamento non solo perché non ha senso che un editore si impossessi dei diritti di pubblicazione e commercializzazione di un'opera e per questo si faccia pagare dall'autore (è come fare acquisti in un negozio e una volta arrivati alla cassa pretendere che ci paghino invece di pagare), ma anche perché l'editoria a pagamento è palese in contrasto con l'Art. 118 della Legge sul diritto d'autore n.633/1941, che così definisce il contratto di edizione: «Il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell'editore stesso, l'opera dell'ingegno».
Buona lettura.
Dialogo
tra un’autrice esordiente e un editore
Di Marisa Salabelle
La
sede della casa editrice occupava un’intera ala di un grande
palazzo modernissimo, in una zona periferica. Doppia porta a vetri,
col logo della casa editrice e l’apertura automatica. Ascensore,
sala d’attesa con divano e poltrone, un tavolino basso coperto di
opuscoli e brochure. Una segretaria gentilissima che ci fece
accomodare, e dopo pochi minuti l’editore, un uomo di circa
quarant’anni, vestito con pantaloni di velluto e un pullover beige,
capelli corti, lineamenti regolari, una gentilezza nervosa, una
stretta di mano veloce. Attraversammo un lungo corridoio sul quale si
aprivano numerosi uffici con tavoli sovraccarichi di materiale e
varie persone impegnate nel lavoro. Entrammo nel suo ufficio: era uno
dei titolari della casa editrice, si interessava in particolare di
esordienti, il mio libro non l’aveva letto, no, lui i libri non li
leggeva, ma l’avevano letto due suoi collaboratori e in base al
parere espresso da questi ultimi pensava di pubblicarlo in una
collana di gialli.
«Ho
qualche dubbio, gli dissi, perché il libro non è propriamente un
giallo».
Come,
rispose, prese una scheda e mi lesse un breve riassunto del romanzo.
«Sì,
la trama la so, dissi, certamente c’è un delitto, ci sono delle
indagini, e tuttavia non lo definirei un giallo».
«Be’,
allora si decida, signora, è un giallo o non lo è?»
«Ecco,
il delitto e le indagini sono un po’ un pretesto… se fossi un
lettore di romanzi gialli, e trovassi questo romanzo in una collana
di gialli, forse lo troverei un po’ esile… perché non è
veramente un giallo…»
«Allora,
se lo dice anche lei che è esile!»