venerdì 12 maggio 2017

Lettera di un’autrice a un editore a pagamento

Pubblichiamo l’esemplare lettera di Laura L.C. Allori, un’autrice che ha risposto a un editore a pagamento che le ha proposto la pubblicazione ponendo come condizione l’acquisto di 70 copie del libro.

Ringraziamo l’autrice per averci permesso di pubblicare il testo della lettera e ci auguriamo che sia di esempio a tanti autori, esordienti o meno, che pur di vedere il proprio nome sulla copertina di un libro sono disposti a pubblicare a condizioni umilianti come quella di pagare editori senza scrupoli per cedere i diritti di sfruttamento commerciale del proprio lavoro.
Buona lettura.

Spett. editore,
ieri ho ricevuto la vostra proposta di contratto e sono spiacente ma non posso accettarla. Penso già sappiate che l'acquisto di copie da parte dell'autore va contro la legge del diritto d'autore che definisce il contratto di edizione come «Il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, PER CONTO E A SPESE DELL'EDITORE STESSO, l'opera dell'ingegno» (art. 118 Legge sul Diritto d'Autore 633/1941), e che il lavoro dell'autore è scrivere e cedere all'editore i diritti di commercializzare il suo lavoro, ovvero, per legge le spese di pubblicazione devono essere esclusivamente a carico dell'editore.
Già una volta qualcuno rispose a questa mia obiezione indicando che la casa editrice "ha delle spese" e facendomi un elenco delle stesse, che altro non erano che le spese di gestione di una casa editrice, partite di spesa tipiche di quel tipo d’impresa. Ma qualunque azienda commerciale ha delle spese, pure una fabbrica, ma non credo che la FIAT chieda al progettista della nuova Panda un contributo per le auto che andrà a produrre perché deve pagare gli operai, i materiali e la pubblicità. Nemmeno credo gli chieda di comprarsi 70 Panda più 10 in omaggio. Perdonate il paragone, capisco possa risultare un po' grottesco ma confido nel vostro senso dell'umorismo e che possiate capire quanto sia umiliante per un autore sentirsi chiedere del denaro per il frutto del proprio lavoro e della propria arte. Questo non fa bene alla letteratura e né all'editoria che rimane ferma a centinaia di contratti da «70 copie 1000 euro» di tanti scrittori scadenti e "convinti", di cui magari pure io faccio parte, ma voglio credere di no. Di sicuro accettando il vostro contratto mi sentirei una scrittrice scadente che ha pagato per essere tale.
Altri punti che non mi tornano sono:

- Non ho visto nel contratto, forse mi è sfuggito, tra i vari servizi quello che più mi premeva, ovvero il servizio di correzione bozze ed editing. Mi sembra che i servizi offerti, siano tutte cose che posso farmi benissimo da sola sui social network.

- Perché su 150 copie di tiratura, 100 le mettete sul mio groppone e solo 50 per "le richieste"? Quindi il mio libro se non sono io ad andare in libreria a farmi ridere in faccia cercando un "conto vendite" (che non mi concederanno mai in quanto privato e non appoggiata da un distributore), non si vedrà mai su di uno scaffale che non sia virtuale? Cosa mi cambia dunque dal pubblicare con voi al self publishing?

Non vi faccio perdere altro tempo, se siete disposti a credere nel mio libro io sono disposta a pubblicare con voi senza esborso di denaro in nessuna forma (senza accollarmi tomi che non saprei come vendere) e con una percentuale di guadagno dignitosa per un lavoro d'intelletto, altrimenti, vi auguro buon proseguimento e vi porgo i miei cordiali saluti.
Laura L.C. Allori

martedì 2 maggio 2017

Esordio letterario: la parola agli editor

Spesso ci scrivono aspiranti scrittori chiedendoci consigli concreti per ottenere un esordio letterario dignitoso, in molti giustamente aborrono l'idea di cedere alle false lusinghe dell'editoria a pagamento pur rilevando l'estrema difficoltà di farsi leggere e pubblicare da editori realmente visibili sul mercato editoriale, ma in molti purtroppo considerano ancora l'editoria a pagamento l'unico modo per farsi pubblicare, solitamente giustificando il totale autogol di pagare per pubblicare con la solfa che "tanto i grandi editori pubblicano solo i raccomandati o i volti della tv".

Per rispondere ai primi e sperare di scoraggiare definitivamente i secondi dall'autolesionismo dell'EAP, vi segnaliamo un ottimo e interessante articolo pubblicato su Vice da Vanni Santoni, scrittore e editor della fortunatissima collana di narrativa dell'editore Tunué. L'articolo riporta il punto di vista, l'esperienza e le riflessioni di sei dei più importanti editor italiani:

Carlo Carabba - Editor narrativa italiana Mondadori

Antonio Franchini - Direttore editoriale Giunti 

Luigi Brioschi - Direttore editoriale Guanda

Gianluca Foglia - Direttore editoriale Feltrinelli

Nicola Lagioia - Editor narrativa Minimum fax

Paolo Repetti - Direttore editoriale Einaudi Stile Libero

Consigliamo VIVAMENTE a tutti gli aspiranti scrittori che desiderano avere un quadro realistico e aggiornato della situazione dell'esordio letterario in Italia di leggere e rileggere questo articolo, di cui riportiamo l'incipit.
Buona lettura:


Che cos'è la "bolla degli esordienti", perché è scoppiata e come ha cambiato la nostra letteratura: ne abbiamo parlato con sei dei più importanti editor italiani. 
 
Di Vanni Santoni

Da quando mi sono ritrovato a dirigere una collana di narrativa distintasi negli anni anzitutto per lo scouting e la scoperta di nuovi autori, mi sono interessato con sempre maggiore attenzione alla questione dell'esordio: una collana, del resto, più che dalle intenzioni di chi la cura, prende la propria identità dai primi libri che pubblica.

Capita però un giorno, durante una presentazione della collana presso una scuola di scrittura ed editoria, che una ragazza del pubblico alzi la mano e mi dica, "Sicuro che dieci anni fa i vari Barison, Labbate, Bernardi, li avresti presi tutti tu?" Era una domanda interessante, che onestà intellettuale imponeva di prendere sul serio. Alcuni dei nove romanzi pubblicati fino a quel momento non erano invisibili: avevano vinto o ricevuto menzioni a premi per esordienti, erano rappresentati da agenti di peso o giungevano comunque da autori che avevano scritto racconti su riviste letterarie lette dagli addetti.

È naturale che la fede nel proprio lavoro porti a darsi ogni merito, ma io stesso avevo notato una tendenza generale del campo editoriale, che quella domanda in qualche modo rimarcava: se prima le cosiddette major lanciavano esordienti con una certa facilità, adesso si facevano sempre più scrupoli, al punto che un libro evidentemente eccellente e già piuttosto compiuto come Dalle rovine di Luciano Funetta era stato rifiutato da una ventina di case editrici prima di arrivare da noi.

Che il decennio da poco trascorso, quello in cui mi ero formato prima come autore e poi come editor, e che quindi era la mia "acqua", fosse in realtà un'anomalia? Che avessimo appena vissuto una sorta di "bolla degli esordienti"? Una bolla che adesso era esplosa, facendo tornare la funzione di ricerca e sviluppo ai piccoli editori e rendendo nuovamente molto difficile l'esordio con una major? C'era un solo modo per appurarlo: chiedere a chi c'era da prima di me...