venerdì 18 novembre 2011

I rendiconti

Oltre a essere spesso carichi di errori (manifesti, però, solo a un occhio esperto e attento), i rendiconti presuppongono che lo scrittore abbia una precisa competenza in fatto di decrittazione degli stessi: sono complicati, cavillosi, assolutamente privi di chiarezza. Si ha la sensazione che vengano redatti dall’editore in maniera appositamente straniante: al fine, difficile non pensarlo, di celarne l'arbitrarietà. I numeri di magazzino iniziale di un determinato rendiconto non sempre coincidono con quelli del magazzino finale del rendiconto dell’anno precedente, la cifra sul numero di copie vendute, improvvisamente, nel rendiconto successivo si riduce drasticamente. La riduzione viene motivata sotto forma di rese, macero ecc., tutte cose difficilmente dimostrabili rispetto alle quali non rimane altro da fare che dimostrarsi remissivamente fiduciosi.

Il fatto che molto difficilmente in un contratto di edizione compaia una voce che faccia riferimento a uno qualsiasi degli strumenti a disposizione dell’autore per verificare il numero esatto delle copie vendute, fa luce su quanto poco fino ad oggi sia stato ritenuto giusto e importante informare un autore delle sorti del proprio testo, per non parlare di quanto questa omissione mette l’autore in una posizione difficile e svantaggiosa: pur riuscendo a barcamenarsi nella comprensione delle cavillosità dei rendiconti, difficilmente riuscirà a dimostrare che quelle cifre e quei dati siano veritieri o meno.

Ricordiamo, per questi motivi, l’importanza dell’inserimento nel contratto di almeno una tra le modalità di controllo delle effettive copie vendute presenti nel post Il controllo delle copie vendute.
Soprattutto per gli autori esordienti, non esiste alcuna informazione in merito a queste possibilità di controllo. Le copie vendute dall’editore ma non rendicontate sono copie fantasma e dunque incalcolabili, copie sulle quali l'editore naturalmente incassa, mentre l'autore non riceverà mai il legittimo compenso.