martedì 29 novembre 2011

Baratto poetico

Ovvero: turlupinati sì, ma con poesia!

Di Carolina Cutolo

In Italia c'è solo un ambito di pubblicazione più discriminato e impopolare di quello delle raccolte di racconti: è quello della poesia. Se per un autore che scrive romanzi è difficile riuscire a essere pubblicato dignitosamente, per un autore di racconti è ancora più difficile, per un poeta quasi impossibile. Nel migliore dei casi quello che ci si sente rispondere dagli editori è "Ci dispiace ma per il racconto (o per la poesia) non c'è mercato, sono pubblicazioni che non funzionano. Provi a scrivere un romanzo ed eventualmente ci inoltri quello. Cordiali saluti. L'Editore”.

Nel peggiore dei casi invece, certi editori creativi, inventano strategie incredibilmente fantasiose per invogliare gli autori sprovveduti a fargli evitare il fallimento. In una di queste ci siamo imbattuti recentemente e vogliamo segnalarvela.

Sul sito dell'editore LietoColle, alla voce "Ti leggiamo", viene spiegata una metodologia molto particolare di invio dei manoscritti da valutare. Già il titolo è una garanzia: assicura l'autore che sarà letto, che di questi tempi non è davvero poco, viene immediatamente naturale dunque considerare questo editore un vero e proprio benefattore, capace peraltro di rara empatia nei confronti degli autori in cerca di pubblicazione:

«È inutile ribadire qui l'estrema difficoltà per uno scrittore di essere attentamente letto con minima speranza di dignitosa pubblicazione. Come dire l'ariete perenne che mai sfonda il fatidico muro.»

venerdì 25 novembre 2011

Quando la verità non è diffamazione: due casi

Di Carolina Cutolo

Editori e tentativi disperati di salvare la faccia (tosta)

Come sapete la politica di Scrittori in Causa non è quella di fare processi agli editori truffaldini (non è questa la sede), ma segnalare i comportamenti scorretti che alcuni editori adottano principalmente (ma non solo) nei confronti di scrittori esordienti e dunque spesso privi di strumenti non solo per riconoscere ed evitare le trappole, ma anche e soprattutto per firmare un contratto con cognizione di causa. Il nostro scopo è fornire informazioni e contribuire alla consapevolezza degli autori. Per questo motivo non ci interessa fare i nomi delle singole case editrici e aizzare la gogna mediatica, perché si rischia di dare l'idea che il problema sia il singolo editore e che basti evitarlo, mentre la questione fondamentale è imparare a difendersi e ad orientarsi da soli nell'universo editoriale.

La responsabilità precontrattuale

Ovvero: non fidarsi delle sole parole di un editore è meglio.

Pubblichiamo un post in cui Simone Aliprandi(*) racconta la sua vicenda con una grande casa editrice, che prima accetta verbalmente le condizioni di pubblicazione della sua opera con licenza Creative Commons, e poi all'ultimo momento, di fronte alla necessità di stipula del contratto vero e proprio, fa marcia indietro, a libro quasi pronto per la stampa, con copertina e codice ISBN già assegnati.

Quello che desideriamo evidenziare grazie a questa preziosa testimonianza, è l'importanza per un autore di assicurarsi che gli impegni presi da un editore vengano messi per iscritto e firmati da entrambe le parti nel contratto di edizione invece di dare per scontato che, avendo già preso accordi informalmente, le cose andranno come prefigurato a parole.

Purtroppo non di rado accade che un autore veda pubblicato un proprio libro senza aver non solo firmato, ma neanche visto il contratto di edizione. Con tutte le conseguenze nefaste e purtroppo anche difficilmente calcolabili che questa inaccettabile negligenza editoriale implica per l'autore.

I miracoli della piccola editoria italiana

Ovvero QUELLE MAGICHE 36 ORE

di Carlo Sperduti

Premetto che ho un minimo di esperienza nel campo della piccola editoria, essendomi recentemente reso colpevole di due raccolte di racconti che hanno riscosso un plauso estesosi finanche a qualche cugino di secondo grado. Per una di queste raccolte, ahimè, ho sborsato una certa somma. Sebbene essa non fosse poi così enorme e io ci sia andato poco più che in pari nel giro di due o tre mesi, grazie a una famiglia molto numerosa e a una simpatica cerchia di amici, la cosa non giustifica granché, pur essendo lampante che la frase che sta per concludersi l’ho scritta proprio con l’intento di giustificarmi. Questa, comunque, è un’altra storia, e l’ho tirata in ballo per introdurne un’altra ancora.
Dopo le citate esperienze, mi sono risolto a procedere a una selezione più accurata degli editori a cui proporre i miei lavori. Uno dei criteri, o meglio il primo criterio che mi sono imposto, è stato quello di accertarmi se l’editore in questione chiedesse o meno il cosiddetto “contributo” all’autore, allo scopo di escludere a priori quanti l’avrebbero di sicuro preteso.
Così ho fatto, ma qualche giorno fa mi sono imbattuto per caso nel sito di un editore che mi è sembrato credibile per vari motivi, e d’istinto, data la possibilità d’inviare manoscritti via e-mail e tralasciando di informarmi più decentemente (in parte colpa mia, dunque), ho spedito un romanzo con pretese d’originalità, sperando che fossero scambiate per originalità vera e propria. Ho infatti riscontrato più volte che una confusione di tal genere è spesso causa di un buon successo commerciale.
Per farla breve, ho avuto la fortuna di imbattermi in un editore capace di compiere imprese che non avrei mai creduto possibili.

Proposta editoriale

Alcuni editori che si definiscono non-a-pagamento, inseriscono poi nei contratti di edizione con gli autori una clausola secondo la quale l'autore si impegna formalmente ad acquistare dall'editore tot copie (solitamente intorno al centinaio) della propria opera: qual è la differenza? Che l'editore non avrà problemi di spazio in cui seppellire le copie di un libro che non si scomoderà mai a promuovere, e che l'autore spenderà molto di più che stampando il proprio testo direttamente da un tipografo.
Il fatto che il suddetto editore fornisca il codice ISBN al libro in questione cambia di poco la sostanza (e soprattutto le conseguenze) di questo tipo di raggiro.
A tutti coloro che sono sul punto di firmare un contratto di edizione con un editore che chiede denaro (sotto qualunque forma) in cambio della pubblicazione, Scrittori in Causa consiglia: se avete soldi da spendere, trovate un editore che vi pubblichi gratis, e investite il vostro denaro in auto-promozione.

Siamo lieti di pubblicare questo testo di Angelo Zabaglio quale testimonianza della malafede di un editore a pagamento che si nasconde dietro a un dito. Testimonianza avvalorata peraltro dalla traccia audio (Proposta editoriale) della telefonata tra Zabaglio e il suddetto editore, che vi invitiamo vivamente ad ascoltare.


Proprietà dell'opera


Una volta, per tutelare la proprietà di una propria opera ed evitare di pagare il riconoscimento ufficiale della SIAE, si ricorreva allo stratagemma di spedire a se stessi per posta (in busta chiusa) un nastro contenente musica o un manoscritto e si conservavano sigillati, nell'eventualità di aprire in seguito il pacco davanti a un notaio (facevano fede il timbro postale e l'integrità della confezione) in caso si fosse presentata la necessità di dimostrare la paternità dell'opera di fronte a un plagio della stessa.

Oggi invece esiste il progetto Patamu, che permette di tutelare le opere di ingegno attraverso "una marcatura temporale, un procedimento informatico con valore legale utilizzabile per dimostrare la paternità di un'opera. [...] E' possibile uploadare sul sito il file .zip contenente l'opera di ingegno e la dichiarazione di paternità dell'opera, e scaricare dal sito la relativa marca temporale in pochi istanti".

Il servizio è gratuito e contempla anche la possibilità della licenza Creative Commons.

Dunque, prima di inviare alle case editrici il vostro manoscritto inedito, se volete registrare gratuitamente la proprietà del testo e proteggervi da un eventuale plagio, andate ad informarvi sul sito di Patamu.

Autori stranieri e editoria italiana

Di Carolina Cutolo

Qualche tempo fa abbiamo pubblicato l’interessante e puntuale testimonianza di Federica Leonardis, un’editor italiana che vive in Inghilterra e lavora presso una casa editrice inglese. Quello che emergeva dal suo racconto è l’abisso tra la correttezza e la praticità alla base dell’etica editoriale anglosassone e tutta una serie di prassi scorrette che invece in Italia sono fin troppo diffuse (editoria a pagamento, contratti capestro, ritardo nei pagamenti e via dicendo).
A questo proposito, oggi vogliamo raccontarvi la vicenda (ancora in corso, motivo per cui manteniamo il riserbo sui nomi dell’autore e della casa editrice in questione) di un autore non italiano, che ha avuto seri problemi con la casa editrice (invece italiana) che ha pubblicato nel nostro paese due suoi testi usciti in Europa e non solo. Sembra che di tutte le case editrici che hanno acquistato i diritti esteri dei suoi libri, l’unica con cui ha avuto e continua ad avere seri problemi sia una casa editrice italiana.

Vicenda Fazi vs Panarello

Alcune considerazioni
Di Carolina Cutolo

Nei giorni scorsi Luca Telese su Il Fatto Quotidiano ha dato spazio a un'interessante querelle tra Melissa Panarello, l'autrice del best seller internazionale Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, e il suo ex editore, Elido Fazi.

Apre la vicenda un'intervista a Melissa Panarello, in cui l'autrice denuncia il comportamento scorretto del suo editore, che secondo lei non l'avrebbe pagata rispettando i termini contrattuali, l'avrebbe frodata sui rendiconti e sui diritti d'autore, l'avrebbe costretta infine, dopo essere ricorsa a un avvocato, a un patteggiamento grazie al quale è rientrata sì in possesso dei diritti su tutte le sue opere già pubblicate con la Fazi Editore, ma rinunciando a riscuotere una parte del sostanzioso debito che la casa editrice aveva in sospeso con lei.

Totti, l'intellettuale consonante e il Palazzo d'Inverno

Pubblichiamo la seconda parte di Se qualcuno ti dice che non sei un vero scrittore... (forse ha ragione), scritta da Simi come risposta al dibattito che il primo post aveva generato sul web.

Totti, l'intellettuale consonante e il Palazzo d'Inverno

Di Giampaolo Simi

A tutti quelli che hanno commentato il mio post  del mese scorso sullo slogan del sito “ilmiolibro.it”: innanzitutto grazie per aver animato il dibattito.
Intavolare discussioni individuali non mi è ovviamente possibile. Provo allora a dare risposte riassuntive alle obiezioni emerse.
 
1. Ho usato la similitudine del calcio come corrispettivo della scrittura in quanto pratica diffusa, accessibile ed economica. Altri sport, come altri mezzi espressivi, richiedono risorse, possibilità e tecniche che selezionano drasticamente chi può e chi non può. Non tutti possono permettersi il golf o l'equitazione. E nelle scuole non mi risulta obbligatoria la lettura del pentagramma. Tutti sappiamo tenere una penna in mano e tutti abbiamo consumato il cortiletto della scuola dietro ai palloni più sgonfi.

2. Tirare in ballo il solito libro di barzellette di (e su) Totti significa, quindi, star lì a guardare il dito invece della luna. Oltretutto, a onor del capitano della Roma, Totti non ha percepito una lira da quella operazione, quindi il suo reddito proviene saldamente dall'attività sportiva, in cui eccelle da professionista.


Terra editoriale e nomadismo

Di Simona Baldanzi

Su Repubblica del 28 ottobre 2010 ho letto un articolo intitolato “C’era una volta l’editoria”. L’articolo è molto più interessante di quanto fa intendere il sottotitolo “Le pagelle dei libri, così Vittorini bocciò Tolkien”. Vittorini viene spesso citato per le sue stroncature quasi per portarlo ad esempio di consolazione: se anche i grandi si sbagliavano nel passato possiamo accettare che accada anche nel presente. Il rischio e la scommessa fanno parte del gioco editoriale di ieri e di oggi, non è questo che ci preme evidenziare. Piuttosto è il contesto editoriale in cui era calato Vittorini che ci interessa e come sia cambiato rispetto a oggi.
Ferretti, l’ottantenne critico letterario, saggista, già responsabile delle pagine culturali de l’Unità e docente universitario, fa un’analisi chiara riportata all’interno del pezzo che merita di essere riproposta per intero su questo blog per aprire una discussione:

Agente sì, ma un po' agenti di noi stessi anche noi

Di Alessandra Amitrano

Sulla figura dell'agente, Michela Murgia ha scritto un ampio e argomentato contributo che abbiamo pubblicato alla fine del mese di giugno.
 
In seguito al contributo della Murgia, ci siamo interrogati: agente sì o agente no? La conclusione a cui siamo arrivati è: ricorrere a un agente non deve corrispondere a un'omissione di conoscenza da parte dell'autore. Facciamo un esempio: anni fa mi si ruppe la lavatrice e chiamai un tecnico. Me la riparò nel giro di una giornata, sostituì un pezzo e mi chiese la bellezza di 80 euro, di cui: 40 per l'intervento e 40 per il pezzo sostituito. Esattamente un anno dopo, la mia lavatrice diede segni del medesimo scompenso, la diagnosi era praticamente identica.

La maschera del privilegio

Questo pezzo di Simona Baldanzi è uscito su Nazione Indiana.
Lo riportiamo integralmente.


Scrittori in Causa e la maschera del privilegio

Di Simona Baldanzi

Alla domanda cosa vuoi fare da grande, non ricordo di aver mai risposto. Avevo la sensazione che era meglio non sognare che lavoro fare da grande, per non rimanere delusa. Forse sembravo una con le idee poco chiare, che non si impegnava abbastanza, invece ero semplicemente una bambina concreta.
Alla scuola elementare, i miei pensierini facevano emozionare le insegnanti, e i miei erano contenti, non perché iniziassero a vedere in me chissà quale dote, ma perché, andando bene a scuola, gli levavo un pensiero nella gestione della vita quotidiana. Se ho mai pensato di fare la scrittrice? Macchè, figuriamoci. Da piccola imparavo che scrivere e lavorare sono due cose molto lontane. Certo, sapevo bene che leggere e scrivere correttamente mi avrebbero aiutato ad affrontare i pensieri di tutti i giorni, ma non che il solo fatto di scrivere potesse darmi da vivere. Al massimo poteva darmi qualche soddisfazione: al ritorno dal Campiello Giovani, mia mamma mi disse che c’era il concorso alle poste.

Sei psicotico? Non puoi né leggere né scrivere

Come nel caso del post di Gianluca Merola, pubblichiamo un altro pezzo fuori dal coro. Perché è autentico, come piace a noi, e perché lo scenario che c'è dietro è lo stesso paesone culturalmente becero che contestiamo noi, come Scrittori in Causa.


Sei psicotico? Non puoi né leggere né scrivere.

Di Ugo Berardi


Mi separai dal primo amore. Dolore estremo e inesperienza mi portarono in un Day Hospital a Roma, città in cui vivevo ed ero nato.
Stimolato da medici e amici, stampai il primo libretto di poesie. Era l'86.
Fu per una ricaduta che l'anno dopo conobbi una psicologa, la quale con affetto mi disse che sbagliavo epoca, che parevo Leopardi. Troppo buona.
Poi fu la volta di un gruppo. Un analista mi mandò in controtransfert perché lamentavo il degrado morale e culturale della capitale. Ebbi di rimando una fase ossessiva e un inenarrabile stato ansioso.
Decisi di affidarmi alle strutture pubbliche e, dietro sollecitazione di uno psichiatra, finii in una comunità terapeutica.

Se qualcuno ti dice che non sei uno scrittore... (forse ha ragione)

di Giampaolo Simi

Proprio due giorni fa, in un'intervista, Tecla Dozio mi ribadiva la differenza fra gli “scrittori” e “quelli che scrivono”. Una differenza importante ma poco popolare, anche se esemplificabile con una similitudine semplicissima.
Io amo giocare al calcio. Ho tutto il diritto di farlo e infatti una o due volte alla settimana lo faccio. Per fare questo, talvolta, sostengo volentieri qualche spesa. Nessuno però paga per venirmi a veder giocare a calcio e di conseguenza nessuno mi paga per farlo. Perché? Perché sono oggettivamente una pippa. Lo ero a vent'anni e lo sono, a maggior ragione, adesso. Ma non mi importa: mi piace e nessuno deve impedirmi di farlo. Sarei però semplicemente patetico se nel mezzo di una cena mi definissi, magari con un pizzico di nonchalance, “un calciatore”. Sappiamo tutti chi è un calciatore: uno che viene pagato da una società sportiva per giocare al calcio. Che sia il San Bortolino o l'Inter fa un po' di differenza nell'ingaggio e nel livello, certo, ma il discrimine è chiaro.
Io sono uno dei milioni di italiani che semplicemente “giocano al calcio”. Neppure il San Bortolino ha mai pensato che i miei piedoni a randello meritassero un rimborso spese di cinquanta euro al mese (lordi).

Riflessioni sul ruolo del lettore forte

Di Carolina Cutolo

Pochi giorni fa, sul blog di Minimum Fax, è apparso un articolo a nostro parere molto interessante e pieno di spunti intelligenti, a firma Carola Susani e dal titolo Scrittori e vita nazionale. Consigliamo la lettura dell'intero articolo ma sottolineiamo e desideriamo approfondire due passaggi a nostro parere cruciali. Il primo:

"Pochi editori possono avere la misura giusta per rivolgersi soltanto ai lettori forti. Per lo più cercano i best seller, e per centrare un best seller devono convincere i lettori occasionali, o addirittura i non-lettori. Noi lettori forti in Italia non abbiamo molta forza contrattuale, non siamo il fondamento dell’industria culturale. Possiamo tornare utili, certo, ma non siamo per nulla sufficienti. Per convincere i lettori occasionali e i non lettori c’è bisogno di tutto un immaginario extratestuale: uno scrittore arrabbiato e pazzo, una scrittrice giovane carina e scapestrata, temi contemporanei, pulsanti o se proprio va storto uno dei grandi premi nazionali, tutto tranne che la letteratura, tutto tranne che la forza che si trova nelle pagine".

Riflessioni di un consulente editoriale

Di Roberto Giungato
Fondatore di Libriconsigliati.it e consulente editoriale


Il panorama editoriale del nostro Paese (con le sue logiche, le sue distorsioni) è quantomeno complicato, il che non rappresenterà di certo una rivelazione, perlomeno per nessuno degli autori interessati alle dinamiche che vedono contrapposti (purtroppo) da un lato autori più o meno esordienti e dall’altro piccoli/medi editori più o meno onesti. Tralasciamo ciò che avviene per i grandi nomi dell’editoria italiana, in considerazione del fatto che altri siano gli aspetti sui quali focalizzare l’attenzione quando si ha la fortuna di aver a che fare con Einaudi o Rizzoli, Feltrinelli o Mondadori (quantomeno, in certi casi, si potrà contare sulla serietà del nostro referente, e magari ci si sarà opportunamente attrezzati affidandosi alle “cure” di un buon agente).

Un libro senza contratto

Di Sergio Nazzaro

Entro nella stanza. L’editore guarda fisso lo schermo del PC. La cortesia non è uno dei maggiori pregi degli uomini affaticati a portare avanti la cultura italica. Non di tutti almeno.
“Parliamo o vado via?”. Percepisce il mio fastidio. Alza lo sguardo.
“Guarda, che non ci siamo proprio. Io non ho soldi per gli anticipi. E poi il contratto che mi hai rimandato non esiste proprio”. Già, il contratto.
“Beh, quello che mi hai mandato tu non era niente male: due pagine di word senza intestazione, cessione totale dei diritti, nessun anticipo, qualche royalty quando sarà, e cessione di tutti i diritti secondari con percentuali ridicole a mio favore. Ci credo che la mia revisione non ti piace proprio, ma sai che cosa è un contratto?”

Poesia ed editoria: un esempio di contratto standard

di Antonio Lillo

Vorrei entrare nel dibattito proposto da questo blog, portando la mia esperienza di poeta pubblicato. Non è un segreto, infatti, che il settore editoriale in cui l’autore è maggiormente vessato dall’editore è proprio quello della poesia. Ignorato dalla grandi case editrici per il suo scarso appeal commerciale, è lasciato alla mercé di piccoli editori a pagamento che sui sogni di tanti aspiranti poeti hanno costruito un impero del lucro. Scrivo questo senza alcun astio particolare e senza voler nulla contestare alla mia casa editrice, che non fa né più né meno delle altre.

Gli scrittori sogneranno pecore elettroniche?

di Mauro Casiraghi

C'è qualcosa di snervante nella quantità di domande, ipotesi, temi e controtemi che scaturiscono spontaneamente quando ci si mette a pensare ai libri elettronici. L'argomento ebook è ipertrofico. Contiene altri argomenti affini, che a loro volta ne contengono altri e altri e altri ancora, proprio come la Rete con i suoi rimandi infiniti, dove c'è tutto e dove non c'è niente.

60 secondi
La cosa che più mi colpisce è l'immediatezza del gesto. La rapidità e semplicità di un sistema tecnologico che permette di soddisfare una brama letteraria in 60 secondi. "Books in 60 seconds" è lo slogan banale ma efficace del Kindle, un esempio di ereader realizzato dalla Amazon. Una tavoletta di plastica che può contenere tutta la tua libreria. E che ti consente di scaricare online l'ultimo libro del tuo scrittore preferito, subito, senza aspettare. Grazie a uno speciale inchiostro digitale lo leggi come fosse una pagina stampata, anche in pieno sole, sulla spiaggia (niente a che vedere con gli schermi dei computer). Permette di fare annotazioni, rimandi interni, (forse anche le "orecchie", chissà) e di ingrandire le dimensioni del carattere a piacimento (una manna per chi ha problemi di vista). Se ti stanchi di leggere, la tavoletta legge per te (ha una voce incorporata). E in genere offre i libri a un prezzo inferiore (anche se non è sempre così).
Stiamo assistendo a una rivoluzione? Più libri per tutti? Più soldi agli scrittori? Meno spese per i lettori? Il libro, sparato in 60 secondi dal server alla tavoletta di plastica, guadagnerà in fruibilità e diffusione allargando i suoi confini? O diventerà sempre più un prodotto commerciale sposando i valori consumistici dell’usa-e-getta?

Mosche da bar ed editori degni

di Emiliano Gucci

A volte può far bene ricordarsi che cos’è un editore vero, come agisce e cosa non farebbe pur di pagare un autore che ha intenzione di pubblicare. Si trattasse anche, solamente, di un racconto da includere in una rivista: perché è il principio che conta, e la logica, non la quantità di parole noleggiate di volta in volta. A tal proposito vi consiglio di vedere (o rivedere) l'unico film scritto di pugno da Charles Bukowski, Barfly, diretto da Barbet Schroeder e interpretato da Mickey Rourke e Faye Dunaway (a mio avviso bravissimi, così veri e così umani che a tratti non sembra Hollywood). Chinaski deambula in una sbronza continua, tra topaie in affitto e scazzottate sul retro del bar; appunta la sua disperata poesia quotidiana su dei fogliacci che disperde tra i bicchieri sporchi e probabilmente si dimentica di aver inviato materiale a una rivista, ma non c’è problema: l’editrice ingaggia un detective pur di stanarlo, raggiungerlo, mettergli in mano (in anticipo) l’assegno per il racconto che vorrebbe pubblicare (se lo porterà anche a letto, ovviamente, sennò non sarebbe Bukowski, ma questa è un’altra faccenda). Guardatelo, rifletteteci, commuovetevi, ringraziatemi o maleditemi per il mio consiglio, quello che vi pare; purché non diciate che certe cose succedono soltanto al cinema o che erano altri tempi: il film è del 1987, e ricompensare chi gli permette di esistere, per un editore vero, resterà sempre un'urgenza morale, un piacere, piuttosto che un dovere (talvolta regolato da un contratto, ma questi sono dettagli). E se vi sfuggirà un sorriso, attenzione: potrebbe nascondere un’amarezza.

L'uomo che scambiò sua moglie per un Campiello

Di Carolina Cutolo

Oliviero Oboe ha tutto per essere felice: un matrimonio d'amore, un lavoro gratificante, un male incurabile. Cosa si può desiderare di più infatti di una moglie muta, della soddisfazione di comminare contravvenzioni, della libertà di autocompatirsi senza freni con colleghi, amici e parenti? Un premio. Oliviero Oboe non si capacita del perché al suo settimo romanzo non è ancora riuscito ad ottenere un premio da uno qualsiasi dei principali concorsi letterari nazionali. Eppure ha un talento indiscutibile: sua moglie non manca di commuoversi copiosamente sulle sue pagine, colleghi, amici e parenti si sperticano in complimenti, confessano la propria invidia, lo implorano di non smettere mai di scrivere. Una sola può essere la spiegazione: la mafia delle case editrici.

Lettera di Cristiano Cavina

Ciao,
si, mi sono informato e ho letto il vostro blog.
Non aderisco perchè il mio contratto con l'editore è fatto a voce, solo in seguito messo per iscritto, e da nessuna parte è segnalato il foro competente in caso di controversie.
Non aderisco perchè il mio editore, fieramente indipendente, mi paga, mi paga molto bene, anche se a volte in ritardo.
Non importa; tanto ho comprato la mia libertà scegliendo di restare un pizzaiolo per sempre: guadagno molto a scrivere, ma anche se non dovessi più prendere una lira, ho sempre i soldi del mio secondo lavoro.
Se i miei libri non dovessero più vendere, ho già detto loro che non c'è problema, mi abbasserò io l'anticipo in modo che non ci rimettano.

L'agente

di Michela Murgia

Pur avendo con tutti i miei editori rapporti ottimi improntati alla più assoluta trasparenza e onestà, ho accettato di scrivere un contributo per Scrittori in Causa perché continuamente si rivolgono a me scrittori esordienti che non avendo la minima idea di come cominciare spesso finiscono per cominciare male, mettendosi in mano a editori senza scrupoli che fanno alcune o tutte le cose denunciate dagli scrittori che hanno aperto questo blog. Credo che informarli di che rischi corrono e di come evitarli sia un dovere. Il mio consiglio è quello di cercarsi un agente il prima possibile, perché lo scrittore è sì uno che scrive storie, ma pubblicare è un altro mestiere.

La prima volta

di Alessandra Amitrano

Segretaria in un’azienda di ICT, ovvero Information Communication Technology, questo facevo subito prima di pubblicare Broken Barbie. La lavoratrice del nulla. La dipendente di un signore che mi chiedeva di ricordargli di ricordarsi di ricordare qualcosa a qualcuno. Cose che, la maggioranza delle volte, avevano a che fare con cifre, economia, profitti, investimenti.
Nei ritagli di tempo buttavo giù qualche episodio di Stella, la protagonista del romanzo: una fanciulla che dilaniava umanità, masticava estasi e veleno.

I diritti sono diritti da tutte le parti

di Simona Baldanzi

Lunedì sera ero a Firenze, a cena da mia nonna che ha 94 anni. È in testa e quando siamo insieme mi piace tanto stare a sentire come e cosa racconta. All’inizio degli anni ’60 si trasferì dalle campagne del Mugello a Firenze perché, dei sei figli, tre lavoravano in città. “Io non ci volevo venire a Firenze”, mi dice. Pagavano l’affitto, non avevano un soldo da parte perché venivano dalla condizione di mezzadri e mio nonno era invalido.  Iniziò a lavorare per un ristorante al Bandino, a Firenze Sud.

Fahrenheit 549 (Contro l'editoria a pagamento)

Di Mauro Simeone

Le parole di Sara erano freccette scagliate contro il suo bersaglio preferito: io.
- O lui o me.
- Non puoi chiedermi questo amore, lo sai che è una scelta che non posso fare – replicai.
- Cioè, scusa, non puoi scegliere tra dare una casa a tua moglie o rincorrere un sogno irrealizzabile?
La sua espressione stupita era la risposta affermativa a una risposta che io non avevo ancora dato.
No.No.No.
Provai a mettermi nei suoi panni, una condizione che a me, in quanto scrittore, sarebbe dovuta essere semplicissima. Lei chiedeva un tetto, quarantacinque metri quadri, mattoni e calcestruzzo, cose fisiche, reali, tangibili.
Io però bramavo tutt'altro, il mio sogno era ancora quello di veder pubblicato, senza contributo, un mio testo. Non m'importava che fosse un romanzo, una raccolta di racconti, un aforisma; il mio sogno era quello di riconoscere in un libro parole che erano state edite, prima di allora, soltanto dalla Casa editrice “Cuore mio”. Con un significativo contributo di notti insonni, ripensamenti, entusiasmi, passione, inchiostro.

Editoria precaria

Di Alessandra Amitrano

Non sono precaria come scrittrice perché fare la scrittrice non è il mio lavoro, nonostante sia la mia passione più grande, necessaria. Non è il mio lavoro perché in quello che scrivo metto cose che vanno aldilà dell’immediato, della spendibilità. Scrivere mi prende tempo, impegno, silenzio. Scrivo di giorno ma scrivere mi chiede quello che possiede la notte, un tempo statico, dilatato, sollevato da terra.

Sono precaria perché scrivo. Forse, considerando i tempi e la mia indole, sarei precaria anche se non scrivessi. Sono precaria perché per vivere e far vivere mio figlio, il mio compagno e io dobbiamo costantemente proporci, imporci, convincere, spiegare. Dobbiamo chiedere di essere pagati, dobbiamo chiedere di essere equamente pagati, dobbiamo ricordare di essere pagati. Dobbiamo inventare, ideare, pensare, camminare, correre, parlare e rispondere.

Fuori dal coro

Quando le cose sono grosse e rotte, il rammarico giova sempre. Essere convinti a oltranza di stare dalla parte del giusto, nasconde la paura di sembrare normali. Mentre è esattamente lì che risiedono il potere della donna e dell'uomo: in un lungimirante equilibrio, che contempla il dubbio come un dono prezioso, la barca che lo traghetterà verso mari puliti.
Pubblichiamo, così, questo pezzo fuori dal coro. Che non ha una relazione precisa con quest'assunto, ma la precisione, i confini netti, spesso ci fanno inzaccherare i piedi.


E voi non siete un cazzo

Di Gianluca Merola

So esattamente da dove vengo e non lo dimentico.
So esattamente da dove vengo e me ne vanto.
E voi, coi vostri maglioncini delicatamente poggiati sulle spalle, non siete un cazzo. Perché non sapete cosa significhi guadarsi le mani e trovarci così tanti tagli da farle somigliare a un foglio su cui si è accanito un bambino armato di coltello; perché non sapete cosa significhi guardarsi la pelle delle braccia abrasa, scottata, striata di viola e blu; perché non sapete cosa significhi perdere tre chili in un turno di lavoro; perché non conoscete lo strazio di un urlo alle quattro del mattino che annuncia che le dita di qualcuno sono rimaste incastrate da qualche parte; perché non conoscete l'ansia mista a impotenza della corsa in ospedale con gli alberi che sfrecciano a duecento all'ora, il sedile del passeggero reclinato, e "non ti preoccupare, non è niente"; perché non conoscete il peso del gesto meccanico che si ripete all'infinito e si protrae nei sogni, inquinandovi il sonno; perché molti di voi non conoscono il peso di un regalo che non arriva, di un tempo da trascorrere insieme col proprio padre che tarda.

Dividi e impera

Rispetto ad altre forme di espressione, scrivere è una delle attività più individuali e solitarie. Persino nel momento dell'incontro con il lettore, il legame tra chi scrive e chi legge è indiretto, e i due momenti (lo scrivere e il leggere) possono essere cronologicamente distanti anche anni. Niente di nuovo: a molti autori questa dimensione fuori dal tempo piace, scelgono la scrittura anche per questo motivo.
L’isolamento diventa un problema tuttavia nel momento in cui lo scrittore sente il bisogno di confrontarsi con altri autori sul proprio testo (piuttosto che con amici e parenti che raramente si rivelano interlocutori competenti e imparziali), oppure quando si accinge a firmare il suo primo contratto editoriale e si rende conto di non comprendere molte delle voci in esso contenute o, peggio, quando si accorge troppo tardi delle conseguenze concrete e dannose di un contratto firmato, per esempio, due anni prima.
Alcuni editori favoriscono l'isolamento dei propri scrittori, per timore che, dal confronto delle differenti condizioni contrattuali o dei diversi trattamenti da parte dell'editore, possano nascere sgradevoli lamentele o, peggio, adunanze sediziose che possano metterne in discussione l'autorità e la buona fede.
D'altro canto, alcuni autori, per un ingenuo atteggiamento di eccessiva gratitudine o, invece, di ipocrita piaggeria nei confronti del proprio editore, preferiscono non unirsi ad altri autori in eventuali lamentele, per timore di risultare scomodi, di compromettere contatti editoriali potenzialmente strategici, di essere stigmatizzati come autori fastidiosi.

Scrittori in Causa nasce anche da questa esigenza: rompere il muro di isolamento di chi scrive, per dare la possibilità, a chiunque ne abbia il desiderio o il bisogno di:
- accedere a informazioni preziose sui contratti di edizione e sul mondo editoriale in generale;
- partecipare a un libero confronto tra professionisti che operano nello stesso settore;
- unirsi ad altri autori con cui si condividono gli intenti e fare qualcosa di concreto per mettere finalmente in discussione tutta una serie di convenzioni editoriali che ritengono ingiuste e dannose per l'autore. (Vedi diritto di opzione, compensi, rendiconti, pagamenti, controllo delle copie vendute).

Pubblichiamo un testo di Linda Rando già pubblicato su Writersdream, che affronta proprio la questione dell'isolamento delle identità e sottolinea, al contrario, l'importanza di unirsi come unica via per cambiare le cose.


Dividi et impera
 
Di Linda Rando

Leggevo su Lipperatura dell’emergenza informazione: i tg nascondono, censurano, portano in primo piano il gossip; le testate nazionali fanno la stessa cosa, le free press idem. Poi ci sono i blog letterari che, si diceva su Sul Romanzo, sono sempre più in crisi.
E, da tempo, si parla della difficoltà di perforare il muro dell’anonimato, dell’impossibilità di emergere, della difficoltà di far sentire la propria voce.

Concorsi letterari o corsari

Di Francesca Diano

Le riviste letterarie e il web grondano di bandi di concorsi letterari d'ogni sorta, sapore e colore, per tutti i generi, i gusti e... le tasche. Già, perché in genere è prevista una "tassa di lettura", o un "contributo" che aumentano in proporzione al diminuire dell'importanza e della serietà di tali concorsi. Non c'è città, paese, villaggio, campagna, stazione turistica, per non menzionare gli editori a pagamento, che non ne organizzino uno. E se lo fanno, significa che c'è chi partecipa. E paga.
Ma francamente non mi era mai capitato di trovarmi nella casella di posta elettronica un invito diretto a partecipare a uno di questi concorsi, inviato nientemeno che dall'organizzatore in persona.
Il meccanismo è questo: io mi sono stampata un mio romanzo sul sito Il mio libro, perché ho scoperto che costa meno delle fotocopie e, per l'uso che devo farne, è più conveniente, si presenta meglio, mi piace di più.

Caso del mancato pagamento

Di Simona Baldanzi


Lettera tipo di un’autrice alla casa editrice e ad altri autori della stessa casa editrice.

Oggetto: alla macchinetta del caffè

Salve a tutti,
mando questa mail collettiva forse dopo troppo tempo e per questo mi scuso, principalmente con gli altri autori, per non averli coinvolti prima. (La mando a coloro di cui ho i contatti, se altri la vogliono far girare a chi manca ne sono grata).
 
Ho molto rispetto per il lavoro di tutti. Quando ho pubblicato non mi era estraneo pensare al libro come prodotto collettivo. Non vengo quindi da una visione romantica dello scrittore, ma piuttosto dalla piena coscienza di essere un lavoratore-autore dentro ad un mercato che funziona come tutti gli altri. In questo caso c’è una casa editrice, con direttori responsabili, un editor, un ufficio stampa, una tipografia, un magazzino, una distribuzione, librerie ecc. C’è molta gente che ci lavora intorno e ho in testa tutti. Mi piace capire come e chi fa le cose, di cima in fondo. Su questo sono sempre stata attenta e curiosa.


Scambio Baldanzi/Murgia su adesione

Ci scusiamo per la lunghezza del post, ma per correttezza non possiamo tagliare. Alla nostra mail di richiesta di adesione iniziale, Michela Murgia aveva sollevato alcune questioni che abbiamo ritenuto di dover chiarire aggiustando alcune parti del blog: non siamo contro tutti gli editori, ma contro quelli che non rispettano le regole o le plasmano a proprio favore. Nella prima mail non mettemmo i nomi dei fondatori pensando di dare maggior risalto all’idea piuttosto che alle nostre firme. I nomi sul blog però ci sono sempre stati. Comunque ci siamo confrontate e Michela Murgia ci ha dato il suo contributo con un post interessante sulla figura dell’agente, ma senza aderire. Alcune cose si sono aggiustate e delineate nel corso dei giorni. Pubblichiamo il confronto e lo scambio di vedute fra Baldanzi e Murgia.
 
 
Simona a Michela

Ciao Michela,
non so se hai letto le nostre modifiche qua e là al blog e agli intenti. Se hai visto l'articolo su Nazione Indiana, la Lipperini che ci ha segnalato oggi sul blog, la discussione che si sta muovendo...gli aderenti che piano, piano aumentano...
soprattutto il post: condividere una causa.
Che ne pensi?
Ti va di aderire?
Grazie
Ciao
Simona
Michela a Simona

Ciao Simona.
Sì, vi sto seguendo e ho letto il post che mi segnali, e spero mi perdonerai se ti parlo con schiettezza, non fosse altro che per la stima che ti porto: penso che ci sia un tarlo profondo nel vostro ragionamento, per via del quale non posso condividere il percorso che state facendo.
Ti avevo scritto già che i paragoni con gli operai mi sembrano impropri. Continuo a pensarlo.


giovedì 24 novembre 2011

Il silenzio dell'editore

Pubblichiamo la richiesta di consulenza legale di Giada Ceri e di seguito la relativa risposta di Alessandra Pulcini.

DOMANDA
di Giada Ceri

di Giada Ceri

Il silenzio dell’editore: può essere considerata, questa, una giusta causa per
la risoluzione di un contratto? E qui “risolvere” vale anche nel senso più comune, perché ai miei occhi, miopi e astigmatici, c’è da risolvere un piccolo mistero. Ovvero: come mai il mio editore è scomparso dall’orizzonte nel momento in cui avevamo fissato un incontro per parlare del libro già uscito e del nuovo sottoposto alla sua lettura? Da tre mesi e mezzo il mio unico interlocutore è il segretario della casa editrice che ha pubblicato il mio romanzo lo scorso 28 ottobre. Data infausta (soprattutto per motivi che, certo, non mi azzardo a paragonare alle mie modeste sventure).

Risarcimento danni per scioglimento contratto

 Pubblichiamo la richiesta di consulenza legale di Mattia Placanica e di seguito la relativa risposta dell'avvocato Alessandra Pulcini.


DOMANDA
di Mattia Placanica

Buongiorno,
la presente per chiedere una consulenza riguardo a questa vicenda (mi scuso anticipatamente per l'eccessiva lunghezza).
 
Alcuni dati e considerazioni:
18 gennaio 2010 firma del contratto editoriale.
Clausole importanti del contratto:
 
DURATA. La gestione letteraria del presente contratto ha la durata di anni 2, a partire dalla data di pubblicazione. dopo la scadenza del contratto, qualora esso non venga rinnovato, e anche in caso di anticipata risoluzione per qualsiasi motivo, l'editore avrà la facoltà di continuare le vendite fino ad esaurimento delle copie già stampate e distribuite. trascorso il periodo indicato, ogni nuova attività dovrà essere espressamente concordata. (COPIATO INTEGRALMENTE DAL CONTRATTO)

Un libro senza contratto II

Escludiamo, dalla nostra politica, la trattazione di casi di editoria a pagamento, tuttavia pubblichiamo il racconto dell’esperienza di Emma Glissenti, non un caso di editoria a pagamento propriamente intesa, ma un caso a metà strada, “di confine”.
Di seguito, pubblichiamo il parere dell’avvocato Alessandra Pulcini.



DOMANDA
di Emma Glissenti

Nell'anno 2000 sentii la necessità di scrivere, sotto forma di racconto autobiografico, i miei due anni trascorsi precedentemente in Polinesia francese. Un’esperienza molto forte che intendevo mettere per iscritto mentre era ancora ben viva e presente in me.

Nel 2001 pensai di farne un libro. Intenzionata a non cedere a nessuno i miei diritti d'autore, decisi di farne stampare delle copie da distribuire io stessa. Indirizzata dalla persona che fece la prefazione al libro, contattai l'editore di una casa editrice del bresciano che si occupava anche soltanto di lavori di tipografia, e che si mostrò fermamente deciso a stampare sì il libro, ma per pubblicarlo come editore. Preciso che tuttavia, prima, gli avevo versato un assegno di euro 1550 come acconto per quel lavoro di tipografia che gli avevo inutilmente richiesto, e che le bozze del libro me le corressi poi io. Ne uscì un libro di quasi cinquecento pagine, ma pretesi che pur se pubblicato dalla casa editrice non andasse assolutamente modificato o accorciato, e feci stampare in prima pagina che tutti i diritti d'autore erano miei. Sotto il titolo del libro, la dicitura "racconto autobiografico". L’editore aveva una dannata fretta di iniziare a distribuirlo per quel Natale (del 2002) e ci riuscì giusto in tempo. Alla mia richiesta di mettere per iscritto un contratto, egli replicò che la priorità era distribuire entro le feste natalizie, e che a quello ci si sarebbe arrivati poi con calma. Rimase sul vago pure riguardo alle copie da stampare in quella prima edizione, dicendo che ci saremmo regolati poi. Mi fece scrivere qualche riga in cui lo autorizzavo alla distribuzione, che prese il via nelle librerie del bresciano.

Un libro senza contratto

Ci sono arrivate diverse segnalazioni da parte di autori che hanno visto pubblicato il proprio libro senza aver firmato alcun contratto di edizione con l'editore. Spesso si tratta di situazioni che si trascinano nel tempo, con l'editore che rimanda e assicura all'autore che riceverà il contratto da firmare da un momento all'altro. Purtroppo però in diversi casi il contratto non arriva mai, e l'autore vede il suo libro pubblicato e venduto dall'editore senza poter disporre di nessun tipo di formalizzazione e regolarizzazione del rapporto editore/autore in merito all'opera, e naturalmente senza riscuotere alcun compenso.

Pubblichiamo a questo proposito una richiesta di parere legale che ci è pervenuta, e la relativa risposta dell'avvocato Pulcini:

DOMANDA

Salve a tutti e grazie per la vostra preziosa attenzione.
Il mio caso è questo: ho pubblicato un libro a luglio del 2010 con una casa editrice piccola ma ben conosciuta e riconosciuta in Italia e non ho ancora ricevuto il contratto. Mi è stato promesso continuamente ma adducendo varie scuse che battono sempre sulla ristrutturazione proprietaria della casa editrice, mi si chiede sempre di attendere. [...] La mia paura e il mio dubbio sono questi: esiste una norma di legge che stabilisce che dopo un determinato periodo di tempo, di fatto, la proprietà dei diritti di chi ha scritto un libro, se non reclamata o se non regolata da un contratto, passa automaticamente e all'infinito nelle mani di chi ha pubblicato il libro, cioè dell'editore?
Grazie ancora per il vostro servizio che cerca di riportare un minimo di civiltà in questo far west.
 
Marco B.

Lavoro svolto ma non pagato

Pubblichiamo una richiesta di consulenza legale a proposito di un lavoro (reportage e foto per una rivista) svolto regolarmente dall'autore ma mai pagato dal committente, e la relativa risposta della dott.ssa Alessandra Pucini:

DOMANDA

Buongiorno,
mi chiamo Francesco A. e mi rivolgo a voi per una situazione spiacevole creatasi con la rivista ***. Tre anni fa venni contattato in due momenti diversi dal dott.*** che mi cercò per commissionarmi due reportage: uno su Cuba, che parlasse dell'Avana, e un altro da Santo Domingo. Come sempre in questi casi mi affido alla parola, anche perché molteplici sono state le mie prestazioni occasionali con giornali e riviste e mai si sono verificati incidenti.
Scrivo il primo reportage, e viene pubblicato.
Passa un mese e scrivo il secondo, da Santo Domingo. Tra l'altro, per acquisire una mole più convincente di informazioni, faccio sopralluoghi, e tra taxi e "mancetta" a chi mi consente l'accesso dove normalmente non si potrebbe, spendo un centinaio di dollari.
Invio l'articolo.
Mi vengono chieste anche delle foto.
Torno sui luoghi, altra mancetta, e scatto le foto.
Invio anche quelle.
Bene.
Da lì, un silenzio imperscrutabile.
Non ricevo il denaro promesso e dopo qualche sollecito, nessuno risponde più alle mie mail. Né il dott.***, né altre persone di riferimento che mi erano state suggerite.



Un caso di plagio

Pubblichiamo una richiesta di consulenza legale di Francesca Diano e la relativa risposta di Alessandra Pucini.
DOMANDA
di Francesca Diano

Nelle mie peripezie con gli editori, qualche anno fa un editore che ritenevo serio  mi propone di ripubblicare una corposa opera di critica d'arte, molto importante, che avevo in passato tradotto dal tedesco e di cui avevo curato l'edizione critica, pubblicata 22 anni prima, i cui diritti erano ormai scaduti. L'editore mi offre un compenso francamente molto basso, ma mi interessava ripubblicare l'opera, di cui avrei fatto comunque una revisione e una nuova introduzione. Nel contratto si specificava che il compenso dovesse  essere corrisposto alla consegna del lavoro. Consegno il lavoro e dopo due mesi non vedo nulla. Allo stesso tempo un editore prestigioso si interessa all'opera e mi dice che è disposto a pubblicarla. Mi conferma anche che, dato il mancato pagamento, il contratto è nullo e posso risolverlo. Così faccio, ma il primo editore mi insolentisce per telefono, mi fa capire che la pagherò ecc.
 Cedo l'opera al secondo editore che mi paga subito (tra l'altro il giusto) ma poi attende dei mesi prima di pubblicare. Circa 6 mesi. Io mi secco, ma mi viene assicurato che è il tempo necessario per l'editing... Un giorno però mi chiama il secondo editore dicendomi che il primo ha appena pubblicato una versione di quell'opera con un ricchissimo apparato critico e che dunque non possono più pubblicare il mio lavoro!
 



sabato 19 novembre 2011

POD: la clausola da non accettare MAI

Pubblichiamo un articolo di Francesca Diano, che ha stampato con Ilmiolibro e ci ha raccontato la sua esperienza. Grazie alla testimonianza di Francesca abbiamo scoperto quanto nefaste possano essere le conseguenze di una piccola clausola presente in molti contratti on-line, ovvero nei cosiddetti “termini di servizio” che quasi nessuno legge e quasi tutti accettano praticamente alla cieca.

La clausola in questione, la vedremo nel dettaglio nel resoconto di Francesca qui di seguito, prevede che la società con la quale si accetta l'accordo si riservi il diritto di modificare in qualunque momento i termini dell'accordo, del tutto arbitrariamente, lasciando all'utente due sole possibilità: accettare in toto le modifiche e continuare a usufruire del proprio account e dei servizi offerti, o recedere l'accordo rinunciando ad account e servizi.

Per Francesca, aver accettato di iscriversi al progetto Ilmiolibro, e aver stampato con loro un proprio testo, significa adesso trovarsi di fronte a questo bivio/ricatto senza poterci fare nulla.

Ringraziamo Francesca Diano per aver condiviso la sua esperienza, e invitiamo quanti stanno per accettare i termini di servizio di un sito di Print On Demand (in realtà qualsiasi tipo di servizio on-line) a leggere attentamente prima di accettare qualunque cosa, e rifiutarsi sempre di accettare termini di servizio o regolamenti che includano la seguente clausola:

«La Società potrà modificare ovvero variare in qualsiasi momento le condizioni, i termini e le modalità di fruizione e di utilizzo di ciascun Servizio, per ragioni tecniche, commerciali e/o aziendali, fermo restando il diritto di recesso dell’Utente.»

Il resoconto che segue, è un esempio concreto di come una piccola clausola come questa può mettere un utente (che l'ha accettata acriticamente) in serie difficoltà:

ILMIOLIBRO.IT :
Ovvero: quando il print on demand
si trasforma inaspettatamente
in editoria a pagamento


Di Francesca Diano

Agli inizi dell’anno scorso è capitato a mia figlia di dover stampare due o tre copie di un suo lavoro scientifico e poiché sapeva di siti americani che offrono questo servizio per una cifra molto ragionevole, se ne è interessata. La stampa della sua tesi infatti era stata piuttosto costosa e non aveva senso spendere di nuovo quei soldi. Abbiamo valutato siti come Lulu che si presentano come POD (Print on Demand), cioè stampa su richiesta, o su necessità stampano anche una sola copia per pochi euro e rilasciano un codice ISBN.

Questo tipo di stampa digitale infatti è molto più conveniente, rispetto all’offset, se si ha necessità di un numero molto limitato di copie, diciamo quattro o cinque, o anche di una sola. All’estero è usato diffusamente per pubblicare opere accademiche o persino da editori che non desiderano tenere troppe copie in magazzino di opere magari di pregio ma di non grande diffusione e dunque a bassa tiratura. Nulla di strano quindi.
Poi ci siamo accorte che esisteva una versione italiana di questi siti americani e che la spedizione sarebbe stata più rapida. Parlo de ilmiolibro.it.

Il Print on demand NON è editoria

Di Carolina Cutolo

Iniziative come Youcanprint o Lulu, fanno parte della categoria denominata print on demand (POD), cioè letteralmente: “stampa su ordinazione”. Questo nome (nonostante l'inglese a effetto distragga dal senso preciso delle parole) è già una dichiarazione d'identità, come dire: stampiamo (non pubblichiamo), siamo tipografi (non editori).

Quello che ci interessa in questo articolo non è tuttavia una disanima del POD, ma un'analisi dei meccanismi di marketing al limite dell'ingannevole che accomuna molti siti di POD all'editoria a pagamento e al progetto Ilmiolibro (che non fornendo codice ISBN non può essere annoverato tra i siti POD). Per quanto infatti queste forme di pubblicazione per diversi aspetti funzionano in modo completamente diverso, dal nostro punto di vista si avvalgono di campagne pubblicitarie incentrate sulla preziosa possibilità che offrirebbero alla realizzazione del sogno di ogni aspirante scrittore (che paghi): non già vedere il proprio manoscritto pubblicato, ma addirittura “accedere al mondo dell'editoria”, come troviamo scritto testualmente sul sito di Youcanprint, oppure scopriamo che finalmente "Il successo editoriale è adesso una realtà con lulu", come troviamo invece assicurato sul sito di Lulu.com: una promessa che neanche un grande editore può essere certo a priori di mantenere.

Molte delle operazioni di print on demand, glissano sul fatto che la discriminante per pubblicare con loro sia il denaro (e chi non ce l'ha, problemi suoi), e rivendicano invece la presunta democraticità del fatto che secondo loro chiunque può finalmente realizzare il suo sogno di diventare scrittore, omettendo che in verità tale democraticità è riservata (palese contraddizione in termini) solo a chi paga. Lo slogan del progetto Ilmiolibro.it è illuminante: “Se l'hai scritto, va stampato”, come se il semplice fatto di buttare giù un malloppo di frasi qualsiasi, fosse sufficiente a conferire al testo dignità e diritto alla pubblicazione (la mia lista della spesa è lì che langue! deprecabile spreco di talento!): un povero aspirante scrittore, ingenuo e per forza di cose ignorante dei meccanismi editoriali, non aspetta altro che questo tipo di avallo per potersi considerare a tutti gli effetti uno scrittore, cosa che sembra importargli infinitamente più che imparare a scrivere bene.

Il Contratto - lavori in corso

Se ti è stata presentata da un editore la bozza di un contratto di edizione per pubblicare la tua opera, puoi utilizzare questo documento come riferimento per avviare la trattativa contrattuale. Ricorda che il testo che firmerai condizionerà irreversibilmente il futuro del tuo testo, ti consigliamo dunque di sincerarti di aver compreso molto bene ogni parola e di firmare al massimo della consapevolezza e solo dopo aver trattato con l'editore sui contenuti del contratto. Anche se sei un esordiente e disponi dunque di scarso potere contrattuale questo non giustifica un'accettazione passiva delle condizioni dell'editore: è tuo preciso diritto trattare per ottenere un trattamento migliore. Ricorda che un contratto di edizione è un accordo professionale tra due professionisti, di cui uno mette in gioco denaro e servizi editoriali, l'altro cede i diritti esclusivi della propria opera. Si tratta di uno scambio che deve essere sancito da regole condivise e considerate vantaggiose da entrambe le parti nei limiti delle possibilità di ciascuno.

La fase di trattativa contrattuale è dunque un momento cruciale da non prendere alla leggera, non solo perché come dicevamo condiziona profondamente la vita della tua opera per anni, ma anche perché è un ottimo strumento per testare la professionalità e la correttezza del tuo eventuale futuro editore. Ecco come procedere:
  1. Confronta il contratto che ti è stato presentato dall'editore con il nostro contratto standard e stila una lista di modifiche da richiedere all'editore, sulla base delle differenze tra i due contratti.

  2. Sottoponi all'editore la lista di richieste con garbo ed educazione nella presentazione e nei contenuti, la trattativa è una fase normalissima ed è giusto che avvenga con toni civili.

  3. A questo punto un editore serio valuterà le tue richieste, accetterà alcune modifiche e ne ricuserà altre, rispondendoti con una serie di controproposte sulla base delle tue richieste. Ricorda che un editore che si dimostra insofferente o indispettito dalle tue richieste svela già una natura maleducata, cialtrona e dunque inaffidabile per qualunque collaborazione futura).

  4. Sulla base delle controproposte dell'editore a questo punto parte la trattativa vera e propria, e sta a te rilanciare: non può aumentare le tue percentuali? Chiedi di aumentare l'anticipo; non vuole rinunciare al diritto di opzione? Proponigli un diritto di prelazione; e via dicendo.

  5. Quando la trattativa sarà arrivata a un punto tale che puoi ritenerti soddisfatto, sia del contenuto del contratto che del comportamento dell'editore, allora puoi firmare. Va da sé che ad alcune richieste avrai dovuto rinunciare, come l'editore avrà rinunciato ad alcune sue prerogative. L'importante è migliorare il contratto il più possibile nel tuo interesse. Se la forma finale sarà effettivamente più vantaggiosa per te e avrai riscontrato nell'editore la volontà concreta di venire incontro alle tue richieste, allora firma. In caso contrario rinuncia. È sempre meglio non pubblicare che farlo sottoscrivendo clausole vessatorie che ti condanneranno a una posizione eccessivamente debole e subordinata alla volontà dell'editore, e che esporranno te e la tua opera a un eccessivio arbitrio da parte dell'editore.
Puoi leggere qui di seguito il contratto che Scrittori in Causa ha stilato con la collaborazione e i suggerimenti dei lettori, di avvocati esperti in diritto d'autore e di diversi professionisti del settore editoriale. Questo documento è in continua fase di modifica e miglioramento. Se tu stesso leggendolo individui dei passaggi che potrebbero essere modificati, o avrai delle perplessità sulla forma con cui è espressa una clausola, insomma se hai un qualunque dubbio non esitare a comunicarcelo (scrittorincausa@gmail.com), aiutaci a rendere questo documento uno strumento sempre più utile ed efficace per relazionarsi a un editore sul delicato terreno della trattativa contrattuale e in grado di adattarsi alle esigenze più diverse.

Ringraziamo per il lavoro di revisione:
Elisa Comito, Giulio Mozzi, Massimiliano Palmese, Claudio Stassi, Carolina Venturini, Andrea Golgi, Giuseppe Gori Savellini, Gabriele Dadati, Federico Mastrolilli e Studio 83.


CONTRATTO DI EDIZIONE 
Tra Editore e Autore

si conviene e si stipula quanto segue:

L'edizione economica

Sarebbe buona prassi inserire in tutti i contratti editoriali una clausola che determini gli accordi circa il tempo di uscita delle edizioni di un libro successive alla prima (edizioni economiche o tascabili). In alcuni contratti questa clausola esiste, in altri non viene assolutamente contemplata. Laddove presente, la clausola potrebbe essere espressa con la seguente dicitura: "La pubblicazione dell'opera in edizione economica potrà avvenire decorsi 12 mesi dalla pubblicazione della prima edizione".

Ma cosa succede se, nel momento della pubblicazione dell'edizione economica, della prima edizione esistono ancora diversi esemplari in circolazione? Aldilà dell'indubbio vantaggio derivante dalla rimessa in circolazione del nome dell'autore, ne conseguono due consistenti svantaggi: uno spreco di risorse nonché uno svantaggio economico per l'autore.

Valutiamo, nel dettaglio, i due svantaggi:


venerdì 18 novembre 2011

Il prezzo del libro

Quante volte ci siamo ritrovati in libreria con un libro tra le mani e, osservando il prezzo, abbiamo pensato che fosse esagerato? Chi decide il prezzo? L’autore ha potere di intervento?
Nei contratti possiamo trovare la seguente dicitura: Il prezzo di vendita al pubblico è stabilito dall’Editore che lo può variare di volta in volta a seconda delle esigenze commerciali senza doverne dare preventivo avviso all’Autore; l’Autore pertanto rinuncia alle facoltà previste dall’art. 131 della legge 633/1941. Delle variazioni del prezzo di vendita al pubblico verrà data comunicazione all’Autore in sede di rendiconto annuale.
 
Vediamo quali sono le facoltà previste dalla legge a cui l'autore rinuncia su indicazione dell’editore (sic!): art. 131 della legge 633/1941, testo consolidato al 9 febbraio 2008: Nel contratto di edizione il prezzo di copertina è fissato dall'editore, previo tempestivo avviso dell'autore. Questi può opporsi al prezzo fissato o modificato dall'editore se sia tale da pregiudicare gravemente i suoi interessi e la diffusione dell'opera.

Editoria anglosassone: un esempio virtuoso

I Gentlemen dell'editoria

di Federica Leonardis

L'editoria a pagamento è un fenomeno poco diffuso nel mondo anglosassone. Viene definita come Vanity Publishing: uno scrittore che non riesce a farsi pubblicare in maniera tradizionale può decidere di pubblicare il libro a proprie spese, si rivolge allora a un editore a pagamento, una sorta di tipografo glorificato che dietro compenso edita e stampa la sua opera. Le capacità di distribuire e promuovere il libro variano da editore a editore ma difficilmente possono essere equiparate a quelle degli editori tradizionali.
Il fenomeno dell'editore criminoso che raggira lo scrittore con contratti vaghi e ingannevoli è ancora più infrequente. L'opinione che mi sono fatta in questi anni è che gli editori anglosassoni sanno che a lungo termine l'editoria a pagamento non è vantaggiosa e un comportamento etico è più remunerativo di un comportamento non etico. Forse gli editori anglosassoni hanno una lungimiranza che gli editori a pagamento italiani non hanno o non vogliono avere.