martedì 16 ottobre 2012

Dialogo con un editore a pagamento

Per la serie Racconti in Causa, siamo lieti di pubblicare un breve racconto di Marisa Salabelle, che riporta un dialogo realmente avvenuto tra l'autrice stessa e un editore a pagamento che cercava di convincerla a sborsare la modica cifra di 3.600 euro.
Approfittiamo per ribadire che siamo contrari all'editoria a pagamento non solo perché non ha senso che un editore si impossessi dei diritti di pubblicazione e commercializzazione di un'opera e per questo si faccia pagare dall'autore (è come fare acquisti in un negozio e una volta arrivati alla cassa pretendere che ci paghino invece di pagare), ma anche perché l'editoria a pagamento è palese in contrasto con l'Art. 118 della Legge sul diritto d'autore n.633/1941, che così definisce il contratto di edizione: «Il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell'editore stesso, l'opera dell'ingegno».
Buona lettura.


Dialogo tra un’autrice esordiente e un editore

Di Marisa Salabelle

La sede della casa editrice occupava un’intera ala di un grande palazzo modernissimo, in una zona periferica. Doppia porta a vetri, col logo della casa editrice e l’apertura automatica. Ascensore, sala d’attesa con divano e poltrone, un tavolino basso coperto di opuscoli e brochure. Una segretaria gentilissima che ci fece accomodare, e dopo pochi minuti l’editore, un uomo di circa quarant’anni, vestito con pantaloni di velluto e un pullover beige, capelli corti, lineamenti regolari, una gentilezza nervosa, una stretta di mano veloce. Attraversammo un lungo corridoio sul quale si aprivano numerosi uffici con tavoli sovraccarichi di materiale e varie persone impegnate nel lavoro. Entrammo nel suo ufficio: era uno dei titolari della casa editrice, si interessava in particolare di esordienti, il mio libro non l’aveva letto, no, lui i libri non li leggeva, ma l’avevano letto due suoi collaboratori e in base al parere espresso da questi ultimi pensava di pubblicarlo in una collana di gialli.
«Ho qualche dubbio, gli dissi, perché il libro non è propriamente un giallo».
Come, rispose, prese una scheda e mi lesse un breve riassunto del romanzo.
«Sì, la trama la so, dissi, certamente c’è un delitto, ci sono delle indagini, e tuttavia non lo definirei un giallo».
«Be’, allora si decida, signora, è un giallo o non lo è?»
«Ecco, il delitto e le indagini sono un po’ un pretesto… se fossi un lettore di romanzi gialli, e trovassi questo romanzo in una collana di gialli, forse lo troverei un po’ esile… perché non è veramente un giallo…»
«Allora, se lo dice anche lei che è esile!»


«Come le ho preannunciato per telefono, signora, noi chiediamo un contributo agli autori esordienti».
«Ecco, sinceramente, io diffido un po’ degli editori che chiedono contributi agli autori…»
«No, perché deve diffidare? Perché noi, sa, il suo libro lo trattiamo poi esattamente come quelli che pubblichiamo senza contributi… stessa promozione, stessa considerazione. È solo per un fatto di spese, sa, perché, signora, glielo dico francamente: i libri degli esordienti sono destinati a rimanere invenduti!»
«Ma voi che tipo di promozione fate? Come lo pubblicizzate, questo libro?»
«Ah, la promozione se la deve far lei! Presentazioni, incontri, deve fare tutto lei, trovare la sala, qualcuno che la presenti, andare in giro a promuovere il suo libro per tutta la regione, anche per tutta l’Italia, se crede: noi al massimo possiamo prometterle di fornire un po’ di copie del libro, se qualcuno lo volesse acquistare durante la presentazione… che anche questo, sa… portare le copie, allestire un banchino, metterci una persona… per poi vendere una copia o due…»

«E in definitiva, ammettiamo che io accetti, di che entità sarebbe questo contributo?»
«Oh, be’, glielo posso dire, senz’altro. Mi faccia fare qualche conto… Vediamo, questo libro qui… pubblicato verrà un centosessanta pagine… hmm… a metterlo in vendita, costerà 12 euro… mettiamo che ne stampi novecento copie… il suo contributo dovrebbe essere sui 3600 euro».
«Ma è l’equivalente di trecento copie!»
«Eh, sì, se la mette così… certo, io se fossi nella signora, vorrei vedere il libro sugli scaffali delle librerie, ma se lei vuole io le do trecento copie… anche quattrocento, anche cinquecento copie!”
«E cosa me ne faccio io di cinquecento copie?»
«Be’, può farlo leggere nelle scuole, per esempio: lei fa un incontro con gli studenti di una scuola, lei è un’insegnante, no? Fa un incontro con gli studenti di una scuola, si mette d’accordo col docente di quella scuola, fa comprare il libro ai ragazzi, glielo fa leggere…»
«Non so…»
«Ci vuole ripensare, signora? Lei ci ripensi, e ci sentiamo fra qualche tempo!»

Di Marisa Salabelle