mercoledì 10 giugno 2015

OccuPAY - La verità non è diffamazione

La verità non è diffamazione 

Durante le recenti proteste pubbliche per i mancati pagamenti dei compensi da parte di alcuni editori, non solo gruppi di dipendenti e collaboratori ma anche singoli lavoratori dell’editoria hanno deciso di esporsi a titolo personale dichiarando pubblicamente quali compensi non gli fossero stati liquidati, da quali editori e da quanto tempo. Altri hanno preferito tacere, del tutto legittimamente, perché si tratta di una scelta individuale che dipende da molti fattori (per esempio nel caso di un contenzioso legale in corso si può preferire non inasprire ulteriormente i rapporti in attesa dell’esito di eventuali trattative).

Ma quando per molti editori il ritardo nei pagamenti diventa una modalità di sopravvivenza mettendo sistematicamente il rischio d’impresa sulle spalle di dipendenti e collaboratori (una realtà tutt’altro che marginale che sta finalmente emergendo) dichiarare pubblicamente il nome dell’editore insolvente può essere non solo più incisivo dell’ennesimo inascoltato sollecito di pagamento, ma anche un’azione significativa utile a informare e mettere in guardia altri potenziali dipendenti e collaboratori perché non si fidino di un editore cronicamente insolvente, ed evitino dunque di lavorare per lui se può considerarsi improbabile venire pagati entro i termini stabiliti dal contratto.

Diventa quindi particolarmente cruciale in questo momento una questione che per moltissimi è ancora un dilemma: posso dire pubblicamente che il mio editore non mi paga senza rischiare di essere querelato per diffamazione?

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