L'editoria a pagamento,
che mette cioè il rischio imprenditoriale sulle spalle degli autori
accaparrandosi al contempo i diritti sulle opere (in palese contrasto
con l'art. 118 della legge sul Diritto d'Autore*), si è così diffusa
in Italia negli ultimi anni ed è stata talmente criticata, che ha
dovuto sviluppare e perfezionare tutta una serie di espedienti per
aggirare le accuse e continuare a far pagare gli autori, continuando
ad accollargli il rischio d'impresa ma cercando di nascondere la
verità, che cioè senza i soldi degli autori non pubblicherebbe
libri.
Qualunque imprenditore, in qualunque campo dell'economia, che non sia in grado di sostenere da solo il rischio d'impresa, chiuderebbe i battenti, sarebbe costretto a cambiare mestiere. Nell'editoria no, un numero spropositato di editori continua a campare sulle spalle di autori che, non conoscendo i propri diritti, continuano a pagare per vedersi pubblicati.
Qualunque imprenditore, in qualunque campo dell'economia, che non sia in grado di sostenere da solo il rischio d'impresa, chiuderebbe i battenti, sarebbe costretto a cambiare mestiere. Nell'editoria no, un numero spropositato di editori continua a campare sulle spalle di autori che, non conoscendo i propri diritti, continuano a pagare per vedersi pubblicati.
Ebbene, prima di svelarvi l'ultima novità, facciamo prima un rapido e sempre utile elenco dei modi con cui fino ad oggi gli editori a pagamento hanno giustificato e nascosto (più o meno palesemente) questa prassi condannata persino da Marco Polillo, Presidente dell'Associazione Italiana Editori:
Contributo alla pubblicazione
Il primo e più comune
espediente: l'editore solitamente lamenta le difficoltà di
pubblicare esordienti in un momento di grave crisi per l'editoria,
prosegue quindi elogiando il talento dell'autore, le sue doti
letterarie, e dichiarando la propria volontà di pubblicarlo in
quanto merita di essere letto, salvo poi chiedergli somme che
andrebbero a coprire spese quali l'editing, la correzione di bozze, i
costi tipografici, l'assegnazione del codice ISBN, la distribuzione,
l'ufficio stampa e la promozione (in pratica stando così le cose il
vero editore è l'autore), spese che l'editore non è in grado di
sostenere da solo, ma non perché si tratta di un imprenditore incapace
di ricoprire dignitosamente il suo ruolo professionale, non sia mai: la colpa è tutta della maledetta
crisi!
Condivisione del rischio imprenditoriale
Condivisione del rischio imprenditoriale
Qui l'editore usa
l'espressione "condivisione" in modo palesemente ipocrita:
fa passare infatti per reciproca solidarietà una richiesta
unilaterale di denaro, fa sentire importante l'autore dicendogli:
"diventa anche tu imprenditore, imprenditore di te stesso!",
mentre sta cercando di accollargli spese e rischi d'impresa che
dovrebbero essere sostenuti solo da lui, perché per legge (sempre
art. 118, 633/1941*) il contratto di edizione dovrebbe sancire un
accordo in cui la parte dell'autore è cedere i diritti sull'opera
per tot anni, quella dell'editore è investire il proprio denaro
sulla pubblicazione.
Impegno contrattuale all'acquisto di copie
Impegno contrattuale all'acquisto di copie
Questo stratagemma
trasforma in un attimo il rischio in certezza imprenditoriale,
ma a spese dell'autore. L'editore infatti, un imprenditore frustrato
che non accetta di non avere la sicurezza di un minimo di copie
vendute, nonostante proprio il rischio d'impresa sia connaturato al
suo ruolo professionale, pretende che l'autore si impegni per
contratto ad acquistare 100, 200, a volte anche 300 copie del proprio
libro, e a volte si pavoneggia di lasciargliele acquistare con uno
sconto del 30%, che poi è più o meno lo sconto per i librai, quindi
in sostanza semplicemente l'editore si garantisce la vendita di tot
copie solo perché è l'autore ad acquistarle.
Pagamento delle royalty solo dopo tot copie vendute
Pagamento delle royalty solo dopo tot copie vendute
Quando vi viene
sottoposta una bozza di contratto e c'è scritto che l'editore vi
corrisponderà una percentuale sul prezzo di copertina solo dopo 100, 500 o 1000 copie vendute, scappate a gambe levate. Questo infatti è
un espediente piuttosto subdolo di farvi pagare senza farvi aprire il
portafogli, ma di fatto trattenendo tutti i compensi che vi
spetterebbero prima di arrivare al numero di copie vendute stabilito
dall'editore. Inoltre questo potrebbe anche essere un modo di non
pagarvi mai, perché purtroppo (a causa di quello che forse è il più
grande buco nero del sistema editoriale) gli editori godono
dell'arbitrarietà totale nello stilare i rendiconti, perché non esiste nessuna forma accessibile di controllo delle rendicontazioni, quindi gli
basterebbe non dichiarare mai di aver venduto quel numero di copie
per non liquidarvi un euro. Ma anche se l'editore fosse corretto
nella rendicontazione, si sa che per un esordiente non è affatto
facile vendere anche solo 200 copie, quindi di fatto l'editore sta
trattenendo le uniche royalty sicure che andreste a percepire.
Arriviamo dunque all'ultima novità, al più recente perfezionamento dell'arte di nascondersi dietro a un dito di questi pseudo-editori:
La supercazzola
Arriviamo dunque all'ultima novità, al più recente perfezionamento dell'arte di nascondersi dietro a un dito di questi pseudo-editori:
La supercazzola
Ci ha contattati
recentemente un autore a cui l'editore Arduino Sacco ha sottoposto un
bozza di contratto per pubblicare la sua opera. L'autore però ci
diceva di essere piuttosto perplesso perché, in un documento a
parte, Arduino Sacco gli chiedeva, come condizione per
pubblicarlo, di versare una "quota associativa VOLONTARIA"
(maiuscolo mio, ndr). C'è già una contraddizione evidente:
l'editore pone come condizione per la pubblicazione il pagamento di
una quota associativa volontaria. Sono le parole "condizione"
e "volontaria" a fare a cazzotti.
Siamo andati sul sito dell'editore per capire meglio questa discutibile prassi e rilevare se sia quantomeno trasparente, se cioè sia segnalato agli autori che inviano manoscritti che per essere pubblicati dovranno pagare questa quota, e abbiamo trovato in home page questa frase:
Siamo andati sul sito dell'editore per capire meglio questa discutibile prassi e rilevare se sia quantomeno trasparente, se cioè sia segnalato agli autori che inviano manoscritti che per essere pubblicati dovranno pagare questa quota, e abbiamo trovato in home page questa frase:
INFORMIAMO I LETTORI
CHE L’ASS. CULT. ARDUINO SACCO EDITORE E LE LIBRERIE DELL’AUTORE
NON USUFRUISCONO NÈ DI FINANZIAMENTI PUBBLICI NÈ FINANZIAMENTI DA
PARTE DEGLI AUTORI.
SI AUTOFINANZIANO CON
LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI COLORO CHE CONDIVIDONO GLI OBIETTIVI
DELL’ASSOCIAZIONE.
(maiuscolo
nell'originale, ndr)
Innanzitutto
soffermiamoci su un grande ritorno: l'uso azzardato del termine
"condivisione", che ormai dovrebbe essere un campanello
d'allarme ogni volta che lo incontriamo. Poi, riguardo al contenuto
del comunicato, visto che l'editore sostiene di non usufruire di
finanziamenti da parte degli autori ma di autofinanziarsi grazie alla
“partecipazione di tutti coloro che condividono gli obbiettivi
dell'associazione”, verrebbe da pensare che questa
partecipazione riguardi esclusivamente soci sostenitori volontari e
che non sia vincolata alla pubblicazione. E invece no, perché
l'autore che ci ha contattati ci ha gentilmente inoltrato il famoso
documento extra contrattuale in cui Arduino Sacco chiede la famosa
"quota associativa volontaria" come condizione per
procedere alla pubblicazione, ecco cosa dice il documento:
L'Autore per ogni
singola Opera editata, e solo al momento della fase di stampa e
pubblicazione, verserà un “contributo volontario” pari a
€ 204,00 (duecentoquattro) per iscrizione e destinazione
della copertura del Fondo Associativo Volontario – ivi compresa
iscrizione e codice libri ISBN.
Sorvolando
sull'enigmatico corsivo virgolettato del “contributo
volontario”, e continuando a leggere il documento, vediamo che l'editore giustifica il contributo richiesto con una lista di
mansioni dell'Associazione che questa spesa "volontaria"
andrebbe a coprire, ebbene: nella lista figurano le tipiche spese di
pubblicazione che per legge (sempre art. 118-633/1941*) l'editore, e non l'autore, dovrebbe sostenere:
- Fondo Associativo Volontario per richiesta e iscrizione numero ISBN INTERNATIONAL e relativo codice a barre;
- Fondo Associativo Volontario per visibilità dell'opera presso librerie internazionali e siti internet (librerie on-line);
- Fondo Associativo Volontario per regolamentazione e archiviazione del contratto + tasse di gestione e IVA;
- Fondo Associativo Volontario per archiviazione dei file definitivi dell'opera editoriale;
- Fondo Associativo Volontario per impaginazione dell'Opera;
- Fondo Associativo Volontario per Grafica editoriale di copertina;
- Fondo Associativo Volontario di gestione;
- Fondo Associativo Volontario Eco-sostenibile.
Inoltre alla fine del
documento è indicata una spesa definita stavolta FACOLTATIVA (confermando dunque l'obbligatorietà delle spese descritte fino quel momento come volontarie), per la
registrazione dell'opera su CD allo scopo di garantire la tutela
della proprietà letteraria.
Dunque l'editore in bella vista sulla sua home page dichiara di non accettare finanziamenti da parte degli autori, mentre invece li pretende, visto che di fatto i soldi chiesti agli autori non solo sono posti come condizione per procedere alla pubblicazione di ciascuna opera, ma vanno pure a coprire le spese di pubblicazione. Insomma: con un'ardita supercazzola l'editore cambia solo il nome al contributo dell'autore e lo chiama (in perfetta malafede) VOLONTARIO.
Ma neanche Monicelli. Ci sarebbe da ridere se non fosse per quegli autori che accettano di sborsare 204 euro per ogni libro pensando di non aver pubblicato a pagamento, mentre l'editore intasca il Fondo Associativo Volontario che invece è obbligatorio e mentre, come se non bastasse, utilizza nel contratto di edizione un altro tipico espediente da editore a pagamento: pagare le royalty all'autore solo dopo 200 copie vendute.
Ma d'altronde, praticamente ovunque nel sito nonché nell'appendice al contratto, l'editore dichiara di NON essere un editore a pagamento, di NON prendere finanziamenti dagli autori, e a un certo punto nel sito parla addirittura di una “battaglia” che avrebbe “inesorabilmente sostenuto contro l’editoria a pagamento”: sta scritto su internet, dunque è VERO, verissimo, come se fosse antani.
AGGIORNAMENTO al 6 aprile 2017
Ci ha contattati l'editore Arduino Sacco informandoci che la formula di pubblicazione qui sopra descritta (l'esborso diretto di 204 euro) non è più in vigore. La formula attuale consiste nel riconoscere agli autori le royalty solo dopo la vendita di 200 copie (come da contratto sul sito dell'editore), e dunque l'esborso c'è lo stesso ma è indiretto, perché l'editore anziché farsi pagare direttamente trattiene, di più, INCASSA i compensi destinati all'autore, tra l'altro gli unici compensi sicuri: quelli sulle prime copie vendute.
Per chi fosse interessato alla replica di Arduino Sacco qui il PDF.
Pertanto facciamo presente all'editore Arduino Sacco che anche se continuano a scrivere ovunque di NON essere editori a pagamento, riconoscere le royalty agli autori solo DOPO aver venduto 200 copie è una formula subdola proprio di editoria a pagamento in cui, anziché chiedere l'esborso diretto agli autori, si incassano i loro compensi. Ma diretto o indiretto che sia, sempre di ESBORSO DEGLI AUTORI si tratta, mentre tutte le spese di pubblicazione, come previsto dall'art. 118* della legge sul diritto d'autore, devono fare capo ESCLUSIVAMENTE all'editore.
Carolina Cutolo
*
L'Art. 118 della Legge sul Diritto d'Autore (633/1941) definisce il contratto di edizione come: «Il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell'editore stesso, l'opera dell'ingegno».