La conferenza stampa per presentare PiùLibri Più Liberi 2013, XII edizione della Fiera della piccola e
media editoria di Roma, si è svolta esattamente come era
prevedibile: tutti i conferenzieri invitati a parlare sono
intervenuti per dire quanto siano importanti i libri e la cultura, e
quanto questa fiera sia fondamentale per contribuire a diffonderli.
Fabio Del Giudice, direttore della
Fiera, non ha risparmiato toni (auto)celebrativi per gli ottimi
risultati raggiunti, per il ricchissimo programma, per le
collaborazioni istituzionali che sostengono il progetto, per
l'abilità dell'organizzazione nell'assoldare “collaboratori che
lavorano gratis” (sic), e per innumerevoli altre virtù di questa
fiera che è arrivata alla dodicesima edizione nel 2013, e che quindi
è stata battezzata “con il nuovo secolo, anzi, col nuovo
millennio”.
Nessuna autocritica è arrivata neanche
da parte di Enrico Iacometti, fondatore e coordinatore della fiera e
fino a giugno scorso Presidente del Gruppo Piccoli Editori dell'AIE,
che ha invece elencato le numerose difficoltà della piccola
editoria, che sopravviverebbe solo grazie a “coraggio e passione”
degli editori (scordandosi però di ringraziare i contributi
economici degli autori che, di fatto, fanno la differenza per molti
piccoli editori a pagamento e doppio binario tra cui Iacometti stesso
con Sovera Edizioni e Armando
Editore).
Niente di nuovo né di imprevedibile
dunque da parte dei rappresentanti di Più Libri Più Liberi. Quello
che, a mio parere, è arrivato inaspettato, è stato l'intervento
conclusivo di Marco Polillo, Presidente dell'Associazione Italiana
Editori, che ha esordito dicendo che la famosa frase: “L'Italia è
un paese che c'è”, andrebbe coniugata diversamente in: “L'Italia
è un paese che ci sarebbe”. Secondo Polillo “l'errore è
quello di accontentarci del risultato minimo immediato”, mentre è
necessario guardare avanti, sul lungo periodo, a un progetto di più
ampio respiro, che è l'unico modo realistico di cambiare e
migliorare lo stato attuale dell'editoria.
Riferendosi quindi esplicitamente alla Fiera che sta per aprire i
battenti della sua XII edizione, ha invitato gli organizzatori a non
limitarsi a concentrare tutte le energie nei pochi giorni della
fiera, ma a lavorare perché sforzi e risultati si estendano al resto
dell'anno e soprattutto al futuro del libro, perché altrimenti ogni
volta si ricomincia da capo, ci si dichiara soddisfatti dell'edizione
appena realizzata, ci si accontenta del risultato raggiunto, ma non
si compiono concreti passi in avanti per rinnovare e migliorare il
mondo del libro e della lettura.
Certo, niente di rivoluzionario. Né ci
si può aspettare alcunché di sorprendente da una conferenza stampa
ufficiale. Ma non ho potuto non rilevare nell'intervento di Polillo
una piccola stonatura nel main theme auto-celebrativo degli
organizzatori.
E non è la prima volta che il
Presidente dell'AIE esprime opinioni non compiacenti, come quando ha
dichiarato pubblicamente di essere “contrarissimo” all'editoria apagamento definendo semplici “stampatori” gli editori che chiedono il
famoso contributo agli autori, e questo nonostante all'epoca della
dichiarazione, proprio il fondatore di Più Libri Più Liberi, Enrico
Iacometti (editore doppio binario che rivendica la validità
dell'editoria a pagamento nonostante sia palesemente in contrasto con
l'art. 118 della legge sul Diritto d'Autore 633/1941*), fosse
Presidente del Gruppo Piccoli Editori dell'AIE.
Fa piacere che Polillo prenda
posizione, Ma non basta. E certo non deve essere facile per lui
presiedere la più importante associazione di editori italiana
sapendo che molti associati agiscono quotidianamente non solo in
contrasto con la legge sul Diritto D'Autore, ma adottando prassi alle
quali il Presidente stesso è “contrarissimo”. Ma è proprio per
questo che bisogna rivolgersi a lui nel chiedere un intervento deciso
su quanto egli stesso condanna, auspicando che, proprio grazie al suo
ruolo di Presidente dell'AIE, Polillo promuova attivamente il
cambiamento necessario (magari attraverso una vera e propria
regolamentazione) per rinnovare l'editoria, il mondo del libro e
della lettura in modo sostanziale, non accontentandoci del momento di
ebbrezza che segue una sua condivisibile o importante dichiarazione,
ma chiedendogli di concretizzare le parole attraverso iniziative e
decisioni con effetti incisivi anche nel lungo periodo, esattamente
come Polillo stesso suggerisce agli organizzatori di Più Libri Più
Liberi.
Per esempio, una strategia concreta per
contrastare finalmente l'editoria a pagamento sarebbe cominciare ad
escludere dalle fiere del libro TUTTI gli editori che chiedono
contributi agli autori e mettono sulle loro spalle il rischio
d'impresa sotto qualunque forma (contributi in denaro, impegno
contrattuale all'acquisto di copie, pagamento delle royalty solo dopo
un certo numero di copie vendute, ecc).
Qualcuno potrebbe obbiettare che in
questo modo le fiere del libro perderebbero un consistente introito,
senza il quale magari non potrebbero neanche esistere. Obiezione inesistente visto che gli stand occupati dagli editori a pagamento sarebbero rimpiazzati da stand di editori NON a pagamento, dunque alla fine non ci sarebbe nessuna perdita economica per la fiera! Perché dunque non...
Ops.
Il fondatore e coordinatore della fiera
Più Libri Più Liberi, Enrico Iacometti, è un editore a pagamento doppio
binario, che cioè in alcuni casi pubblica a proprie spese, in altri
chiede contributi agli autori per pubblicarli.
Siamo di fronte a un vero e proprio
conflitto di interessi, perché le alternative sono due, entrambe
utopiche: o Iacometti si autoesclude come editore dalla fiera che lui
stesso ha fondato e coordina da 12 anni, oppure si assume la
responsabilità di aver sbagliato a praticare l'editoria a pagamento
e rinuncia (questo sì che sarebbe un buon esempio) a chiedere il
contributo agli autori per pubblicarli.
Dunque, essendo realistici, per Più
Libri Più Liberi nulla cambierà. E dispiace, perché la più grande
fiera italiana della piccola e media editoria perde l'occasione di
poter stabilire una volta per tutte non solo che l'autore fa la sua
parte dell'accordo di edizione cedendo i diritti sull'opera e
l'editore investendo sulla pubblicazione, come è giusto che sia e
come è previsto dalla legge sul Diritto d'Autore, ma ristabilirebbe
finalmente il ruolo dell'editore come soggetto culturale, che investe
e scommette sul valore della scrittura e degli autori, e non come
imprenditore a metà, che si accaparra i diritti sull'opera facendosi
pagare dall'autore e che lo pubblica solo se paga.
Eppure chiedere che le fiere del libro
escludano l'editoria a pagamento non è utopico, se si pensa che
esistono già dei precedenti: la fiera Codice A Sbarre inaugurata a Firenze la scorsa estate e il FLEP, Festival delle letterature popolari, la cui seconda edizione si è svolta a Roma a settembre scorso, e la fiera Liberi Sulla Carta, che ha realizzato la sua quinta edizione nel borgo di Farfa a settembre scorso, tutte fiere che hanno stabilito e
osservato la regola di non affittare gli spazi espositivi a editori a
pagamento. Ottimi segnali dunque, dalle fiere del libro più "giovani".
Ci si augura a questo punto che altre fiere, e
sempre di più, seguano la strada aperta da Codice A Sbarre, dal FLEP e da Liberi Sulla Carta, e
contribuiscano tutte insieme a stabilire una volta per tutte delle
regole per un'editoria etica che rispetta il ruolo e il lavoro
dell'autore e che rivendica e onora il proprio ruolo di soggetto
culturale.
Per dire basta all'editoria a
pagamento, cominciamo a escluderla dalle fiere del libro.
Carolina Cutolo
INFO
A proposito di editoria a pagamento a Più Libri Più Liberi, consigliamo la visione di Contributi d'autore, video realizzato da Scrittori in Causa e Scrittori Precari che raccoglie una serie di interviste a editori durante la scorsa edizione di Più Libri Più Liberi. Tra gli intervistati Enrico Iacometti, fondatore e coordinatore di Più Libri Più Liberi e editore doppio binario.
* L'art. 118 della Legge sul Diritto
d'Autore (633/1941), definisce così il contratto di edizione: «Il
contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del
diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese
dell'editore stesso, l'opera dell'ingegno».