venerdì 25 novembre 2011

L'agente

di Michela Murgia

Pur avendo con tutti i miei editori rapporti ottimi improntati alla più assoluta trasparenza e onestà, ho accettato di scrivere un contributo per Scrittori in Causa perché continuamente si rivolgono a me scrittori esordienti che non avendo la minima idea di come cominciare spesso finiscono per cominciare male, mettendosi in mano a editori senza scrupoli che fanno alcune o tutte le cose denunciate dagli scrittori che hanno aperto questo blog. Credo che informarli di che rischi corrono e di come evitarli sia un dovere. Il mio consiglio è quello di cercarsi un agente il prima possibile, perché lo scrittore è sì uno che scrive storie, ma pubblicare è un altro mestiere.

Forse non sarà molto romantico dirlo, ma la pubblicazione implica una relazione con una impresa commerciale che spera di trarre dei profitti da quell'investimento, altrimenti detta "casa editrice". L'equivoco che si tratti di generosi mecenati che agiscono per amore della letteratura è alla base di moltissimi problemi successivi per l'esordiente ed è dovuto all'idea diffusa che fare lo scrittore non sia un lavoro come tutti gli altri, ma una condizione di privilegio che per il solo fatto di farti accedere a uno status di presunto prestigio sociale avrebbe già in sé la sua simbolica remunerazione. Il risultato di questo fraintendimento è che l'esordiente in genere si sente assai grato a chi lo pubblica e questa gratitudine gli fa dimenticare che il contratto editoriale non è una pergamena onorifica, ma il documento che sancisce i termini di una prestazione d'opera: la sua. A prescindere da qualunque rapporto di fiducia, stima e simpatia tra uno scrittore e un editore, è bene dunque premettere che chi pubblica un libro non è necessariamente uno che è stato fulminato dal prodigioso talento dell'autore, né un benefattore che gli sta facendo un favore, ma un'impresa che sta scommettendo sul valore commerciale di quel lavoro e ritiene di avere buone probabilità di vendere la storia, bella o brutta che sia. Chi acquista i diritti di un libro dallo scrittore glieli deve pagare semplicemente perché quando rivende il libro se lo farà pagare a sua volta. Il rischio di impresa è suo, lo scrittore il suo investimento lo ha già fatto scrivendo.
Sembra ovvio, ma se veramente fosse chiaro a tutti, gli editori a pagamento non esisterebbero.

Per inciso: in questa dinamica il valore artistico dell'opera è una condizione gradita ma non indispensabile, infatti si pubblicano di continuo palesi porcate per il solo fatto che venderanno benissimo. Solo le case editrici veramente grandi hanno le risorse per pubblicare il bel libro "a perdere" accanto al bestseller da ombrellone. In linea di massima le piccole case editrici non si possono permettere di pubblicare invendibili capolavori.

Chiarito che il contratto editoriale sancisce il rapporto di interesse tra editore e scrittore, occorre che i suoi termini garantiscano effettivamente la reciprocità della convenienza. Ma se l'esordiente è pervaso dall'idea che la sua convenienza stia già nella concessione dello status di scrittore pubblicato, può capitare che un editore senza scrupoli se ne approfitti facendogli firmare opzioni incaprettanti per le prossime opere, durate eterne di concessione dell'opera presente, rinunce all'anticipo, vincoli vari di promozione, dichiarazioni di manleva, clausole di rescissione con sanzioni pecuniarie nonché cessione di ogni tipo di diritto primario e secondario, compreso quello di leggere a voce alta la storia a suo figlio in culla senza chiedere il permesso all'editore.

L'unico modo per evitare che questo si verifichi è cercarsi l'agente prima di andare da qualunque editore, tenendo presente che più si è piccoli, cioè deboli e ignoranti delle logiche editoriali, più l'agente sarà necessario.
Quanto costa un agente?
Esclusi i diritti annuali di agenzia (nell'ordine di poche centinaia di euro), l'agente guadagna una percentuale sulle entrate che procurerà una cifra che di solito si aggira intorno al 10%. Per questo motivo un agente serio non prende in carico chiunque si presenti ma prima legge il testo e poi decide se vale la pena investirci del tempo per proporlo alle case editrici giuste. Essendo a conoscenza di questo meccanismo selettivo, le case editrici prendono in maggiore considerazione i testi che arrivano tramite agenzie rispetto ai manoscritti autoinviati dall'autore. La valutazione del testo ha un costo a prescindere dal risultato, ma è un investimento sostenibile perché - se l'agente accetta di prenderti in carico - da quel momento sarà lui a proporre il tuo testo alle case editrici con cui spesso ha già rapporti avviati, facendoti risparmiare tempo ed evitando di default gli editori notoriamente disonesti.
Cosa fa l'agente?
Se trova una casa editrice interessata, segue la trattativa contrattuale evitando le trappole di cui si è detto, visiona i rendiconti e verifica che le modalità di conteggio e pagamento delle royalty siano regolari. Soprattutto è un consulente, una persona esperta i cui consigli possono evitare all'esordiente moltissimi errori di ingenuità.
Questo è il modello base, ma capita sempre più spesso che le agenzie editoriali offrano anche un'altra serie di servizi aggiuntivi che possono essere utili a un esordiente, cose che vanno dall'editing e cura redazionale del testo fino ai servizi di ufficio stampa.
Come distinguere un bravo agente dai farabutti che fanno gli agenti?
I bravi agenti hanno una buona fama, verificabile attraverso il portafoglio dei loro autori. Ovviamente più autori noti hanno in carico, meno è il tempo che possono dedicare a un esordiente, e saranno più selettivi. Ma spesso ci sono ottime agenzie che pur non avendo nessun premio Strega a cui badare salvano comunque dalle grinfie degli editori disonesti decine di persone che forse non diventeranno mai scrittori famosi, ma non per questo non hanno diritto a un consiglio mirato o a riscuotere i diritti delle loro piccole pubblicazioni.

Michela Murgia