venerdì 25 novembre 2011

Concorsi letterari o corsari

Di Francesca Diano

Le riviste letterarie e il web grondano di bandi di concorsi letterari d'ogni sorta, sapore e colore, per tutti i generi, i gusti e... le tasche. Già, perché in genere è prevista una "tassa di lettura", o un "contributo" che aumentano in proporzione al diminuire dell'importanza e della serietà di tali concorsi. Non c'è città, paese, villaggio, campagna, stazione turistica, per non menzionare gli editori a pagamento, che non ne organizzino uno. E se lo fanno, significa che c'è chi partecipa. E paga.
Ma francamente non mi era mai capitato di trovarmi nella casella di posta elettronica un invito diretto a partecipare a uno di questi concorsi, inviato nientemeno che dall'organizzatore in persona.
Il meccanismo è questo: io mi sono stampata un mio romanzo sul sito Il mio libro, perché ho scoperto che costa meno delle fotocopie e, per l'uso che devo farne, è più conveniente, si presenta meglio, mi piace di più.

Su questo sito è possibile leggere un'anteprima dei testi, darne un parere e venderli.
Ora, il G.O. (Gentile Organizzatore), a me del tutto sconosciuto, mi scrive dicendo di aver letto l'anteprima del mio romanzo, di averlo trovato interessante e mi invita a partecipare al Premio Letterario. Basterà inviare una tassa d'iscrizione di 10 euro da accreditare su una Postepay a suo nome di cui mi fornisce direttamente il numero. Aggiunge cortesemente che il versamento posso farlo da qualunque ufficio postale o tabaccheria.
Ora, si dirà che 10 euro sono una cifra modica, chi non ha 10 euro da spendere per inseguire un sogno di gloria? Tuttavia un siffatto versamento, a suo nome, su una Postepay a lui intestata, non costituisce alcuna prova che sia stato effettuato per il concorso in sé: non c'è ricevuta di sorta! Si potrebbe trattare di un pagamento per qualunque motivo.
Il premio in palio è "la pubblicazione gratuita dell'opera vincitrice" a cura di un editore di cui si fornisce il nome e, come secondo premio, la pubblicazione di "stralci" di altre opere giudicate degne di tale onore.
Dal momento che questo pescaggio di concorrenti mi appare a dir poco bizzarro, se non sospetto, faccio alcune ricerche sia sul nome del G.O., sia su quello dell'editore.

Il G.O., un giovane men che trentenne che si qualifica studente, ha pubblicato un libro (ma non con quell'editore). La Casa Editrice che pubblicherà gratuitamente l'opera vincitrice dichiara di avere come progetto quello di pubblicare opere rifiutate da altri editori. Il fondatore ha avuto dei trascorsi non da editore, ma tanto di cappello per chi fa opera di diffusione della cultura e dà spazio alle voci messe a tacere.
Tale editore compare anche nell'elenco di quelli che non chiedono contributi per la pubblicazione: è ritenuto, dunque, affidabile.
Poi, però, scopro che è vero che pubblica gratuitamente, ma la pubblicazione non prevede editing, vende praticamente solo online, non ha distribuzione e non prevede alcun tipo di pubblicizzazione o presentazioni se non a spese dell'autore!
Allora, mi dico, tanto vale che uno venda online da sé, sul sito de Il mio libro o de La Feltrinelli magari, e poi, se lo desidera, si organizza da solo promozione e presentazioni! O no?
E poi, che vuol dire che l'editore pubblicherà gratuitamente l'opera vincitrice? Che tipo di contratto offre (se ne è previsto uno)? Che royalty? Sempre che siano previste... Nulla di tutto questo è menzionato da nessuna parte, né sul bando del concorso né sul sito dell'editore.
I siti POD (Print on demand, quelli cioè su cui si può stampare il proprio libro a cifre modiche, anche solo una singola copia, come Lulu o Il mio libro) sono ricchissimi serbatoi di possibili pesci da abboccare. A chi non è almeno un po' addentro al variegato e meraviglioso mondo dell'editoria, i loro intenti risultano ben dissimulati. Alimentare il sogno di vedere il proprio nome su una copertina con tanto di nome di editore nasconde ben altra realtà: l'ennesimo progetto per spillare soldi alle persone.


Francesca Diano