Di Carolina Cutolo
Qualche tempo fa abbiamo pubblicato l’interessante e puntuale testimonianza di Federica Leonardis, un’editor italiana che vive in Inghilterra e lavora presso una casa editrice inglese. Quello che emergeva dal suo racconto è l’abisso tra la correttezza e la praticità alla base dell’etica editoriale anglosassone e tutta una serie di prassi scorrette che invece in Italia sono fin troppo diffuse (editoria a pagamento, contratti capestro, ritardo nei pagamenti e via dicendo).
A questo proposito, oggi vogliamo raccontarvi la vicenda (ancora in corso, motivo per cui manteniamo il riserbo sui nomi dell’autore e della casa editrice in questione) di un autore non italiano, che ha avuto seri problemi con la casa editrice (invece italiana) che ha pubblicato nel nostro paese due suoi testi usciti in Europa e non solo. Sembra che di tutte le case editrici che hanno acquistato i diritti esteri dei suoi libri, l’unica con cui ha avuto e continua ad avere seri problemi sia una casa editrice italiana.
Per quanto riguarda il primo dei suoi due libri, non essendogli mai stato versato l’anticipo stabilito dal contratto, e non avendo mai ricevuto in seguito né i rendiconti sulle vendite né le dovute royalty, l’autore (insieme all’editore originario del testo) è ricorso alle vie legali tramite un avvocato italiano. Ebbene, a quanto pare ogni volta che l’editore italiano doveva presentarsi dal giudice, mancavano dei file o dei documenti cruciali, oppure i documenti presentati non erano firmati e dunque non erano riconosciuti validi. Dopo tre anni dall’inizio del procedimento legale, la casa editrice italiana è stata condannata a pagare. Il giudice ha predisposto una “confisca”, ma gli uffici della casa editrice italiana quel giorno risultavano misteriosamente chiusi. Al momento è prevista una nuova confisca in data a venire. Ecco uno stralcio del racconto originale dell’autore:
[Our attack was] concerning the non-payment of the advance and the royalties of [the book]. Every time they have to present documents to the judge, there is a file missing or the documents are not signed. Of course, the [original] editor never received any statistics or figures from the sales-department. This “play” is going on for three years now. They were finally sentenced to pay an “advance”. There has been a “confiscation”, but that same day the [italian editor’s] offices were closed. Now we demand a conversion of this missed confiscation.
Per quanto riguarda il secondo libro (sempre con lo stesso editore italiano), l’anticipo concordato dal contratto è stato versato all’autore solo dopo due anni e mezzo di dibattimento in sede legale. Come se non bastasse, adesso l’editore italiano, sulla base di presunti documenti che proverebbero che il libro non ha venduto, chiede all’autore la differenza tra l’anticipo versatogli e le poche royalty che (secondo i soliti documenti non firmati o neanche presentati) avrebbe maturato. Ma non è tutto, durante il lancio in Italia del libro in questione, l’ufficio stampa dell’editore italiano, alla richiesta di un giornalista che desiderava intervistare l’autore, sembra abbia risposto che l’autore non rilasciava interviste. L’autore, non essendo stato neanche consultato su questa eventuale intervista, interpreta questo atteggiamento di diniego da parte dell’ufficio stampa come una conseguenza del timore che durante l’intervista l’autore facesse riferimento ai problemi legali già in corso con l’editore stesso. Ecco come l’autore ci racconta quanto da noi appena sintetizzato:
They finally paid my advance after two ½ years in court. But now they say the book didn’t sell and they show documents “proving” this. The fact is also that whilst the launch of the book, I was already in war with them. And their pr-crew, whenever a journalist asked for an interview with the author, answered: “No, the author doesn’t give interviews.” Of course, they were afraid I would mention their bad behaviour towards me to the press. Anyway, now they even claim I should reimburse them the difference between my advance and the “probable” royalties! Undeniably, their lawyers use the same tactics as in case 1: documents with no signatures, missing details, etc.
So I asked my lawyer to stop the case. I’m just not in the mood for exchanges of this sort. Three years is just enough.
So I asked my lawyer to stop the case. I’m just not in the mood for exchanges of this sort. Three years is just enough.
L’autore si dice esausto di dover seguire (per di più dall’estero, ndr) questa vicenda penosa, e per questo motivo ha deciso di interrompere una battaglia estenuante che non sta portando da nessuna parte.
Noi crediamo che questa storia vergognosa sia purtroppo tristemente rappresentativa della prassi inaccettabile di certi editori italiani che non solo non rispettano gli autori e gli accordi contrattuali (questo blog è ricco di testimonianze in proposito), confidando nel fatto che gli autori sono i primi a cui non conviene investire tempo e denaro in una battaglia lunga e dall’esito incerto, ma che una volta messi di fronte a un giudice e alle proprie responsabilità, utilizzano ogni mezzo per perdere tempo, rinviare le udienze, confondere le carte, contando proprio sullo scoramento degli autori che a un certo punto, stanchi di perdere tempo e denaro per vedere (forse) riconosciuto quello che è un loro diritto, si arrenderanno.
Quello che noi di Scrittori in Causa ci auguriamo, è che testimonianze coraggiose come questa siano utili a tutti gli autori esordienti e non che si avvicinano a un nuovo editore con eccessiva fiducia e gratitudine a priori. Invitiamo perciò tutti non solo alla massima attenzione alla firma del contratto, ma anche ad informarsi su questo spazio e sulla rete circa precedenti esperienze di altri autori che potrebbero aver avuto problemi seri proprio con l’editore con cui stanno per firmare.
Per questo motivo invitiamo l’autore che ci ha fornito questa testimonianza preziosa, non appena la penosa vicenda che ci ha raccontato sarà conclusa, a rendere pubblico il proprio nome e quello della casa editrice che lo ha truffato, proprio per mettere in guardia quanti invece, essendo il nome dell’editore in questione piuttosto rinomato in Italia, si lasciano ingannare da un presunto e decisamente immeritato prestigio.
Carolina Cutolo