Escludiamo, dalla nostra politica, la trattazione di casi di editoria a pagamento, tuttavia pubblichiamo il racconto dell’esperienza di Emma Glissenti, non un caso di editoria a pagamento propriamente intesa, ma un caso a metà strada, “di confine”.
Di seguito, pubblichiamo il parere dell’avvocato Alessandra Pulcini.
Di seguito, pubblichiamo il parere dell’avvocato Alessandra Pulcini.
DOMANDA
di Emma Glissenti
Nell'anno 2000 sentii la necessità di scrivere, sotto forma di racconto autobiografico, i miei due anni trascorsi precedentemente in Polinesia francese. Un’esperienza molto forte che intendevo mettere per iscritto mentre era ancora ben viva e presente in me.
Nel 2001 pensai di farne un libro. Intenzionata a non cedere a nessuno i miei diritti d'autore, decisi di farne stampare delle copie da distribuire io stessa. Indirizzata dalla persona che fece la prefazione al libro, contattai l'editore di una casa editrice del bresciano che si occupava anche soltanto di lavori di tipografia, e che si mostrò fermamente deciso a stampare sì il libro, ma per pubblicarlo come editore. Preciso che tuttavia, prima, gli avevo versato un assegno di euro 1550 come acconto per quel lavoro di tipografia che gli avevo inutilmente richiesto, e che le bozze del libro me le corressi poi io. Ne uscì un libro di quasi cinquecento pagine, ma pretesi che pur se pubblicato dalla casa editrice non andasse assolutamente modificato o accorciato, e feci stampare in prima pagina che tutti i diritti d'autore erano miei. Sotto il titolo del libro, la dicitura "racconto autobiografico". L’editore aveva una dannata fretta di iniziare a distribuirlo per quel Natale (del 2002) e ci riuscì giusto in tempo. Alla mia richiesta di mettere per iscritto un contratto, egli replicò che la priorità era distribuire entro le feste natalizie, e che a quello ci si sarebbe arrivati poi con calma. Rimase sul vago pure riguardo alle copie da stampare in quella prima edizione, dicendo che ci saremmo regolati poi. Mi fece scrivere qualche riga in cui lo autorizzavo alla distribuzione, che prese il via nelle librerie del bresciano.
Ottime recensioni del libro sui giornali locali, la presentazione, gente che già mi chiedeva quando sarebbe uscito il secondo, cosa che avevo già in mente di fare, l’editore che ripeteva di avere diversi progetti per quel libro… ma del contratto non riuscivo a parlare: ogni qualvolta vi accennavo, lui aveva impegni urgentissimi.
Fino a quel momento tutto bene, quindi, ma, pochi mesi dopo, all’editore arrivò una lettera di minaccia di azioni legali per diffamazione in caso di distribuzione del libro. A scrivergli fu la persona che nel racconto è il personaggio principale. Questo signore sosteneva che per quanto nel libro il suo cognome fosse stato cambiato, così come altre cose, lui era ugualmente riconoscibilissimo e questa cosa lo danneggiava notevolmente. L’editore sapeva bene che quel racconto riportava fatti realmente avvenuti (la stessa scritta del sottotitolo del libro dice "racconto autobiografico) ma, stranamente, parve prenderne coscienza soltanto in quel momento. Disse che da parte sua la distribuzione era finita e poiché pareva terrorizzato per via delle copie distribuite fino a quel momento, io gli buttai giù due righe in cui dichiaravo di assumermi ogni responsabilità per quanto avevo scritto in quel racconto. Se ne andò ripetendo che lui, con quel libro, aveva chiuso.
Tutto pareva essersi arenato, l’editore sembrava non interessarsi più al libro, il mio morale era a terra e, di conseguenza, la mia vena creativa. Mi chiedevo con quali garanzie avrei potuto, a quel punto, presentare un secondo lavoro a un'altra casa editrice. Fortemente demotivata e depressa, lasciai che altre cose prendessero spazio nella mia vita, sia pure con quell'idea dello scrivere che mi splendeva in testa, incapace di trovare un modo fattibile per concretizzarsi.
All'incirca tre anni dopo, venni a sapere da un amico che il mio libro lo si trovava su internet. Telefonai all’editore per chiedergli spiegazioni, ma lui mi aggredì immediatamente, intenzionato a non lasciarmi neppure iniziare a parlare. Molto concitato diceva che il libro non lo poteva vendere a causa della minaccia di quella tal persona di adire nei suoi confronti le vie legali per diffamazione, e che quindi lui se ne era disinteressato e che gli erano, anzi, rimaste copie invendute in magazzino, che potevo andare io a prelevare pagando però il libro a prezzo pieno, di copertina. Quindi chiuse la comunicazione. Mi presi tempo per riflettere su come comportarmi, ma, nel giro di pochissimo tempo, il mio libro in internet non lo si vide più, o perlomeno così pareva. Rimase comunque nel catalogo della casa editrice.
Ma ecco che pochi mesi fa me lo ritrovo in internet, in diversi siti di vendita online. Penso ci sia da anni, ma non avendo mai fatto una ricerca me ne sono accorta solo ora, e per poco non mi è venuto un colpo vedendo il mio libro (e il mio nome!) in siti che lo mercificano solamente, avvilendolo e degradandolo a mero oggetto di consumo, tra generi commerciali di ogni tipo, come calzini, telefonini e quant'altro, o abbinato a raccolte punti-premio o in "liste dei desideri" per riempire, insieme a ogni genere di prodotti in vendita, i carrelli di questi magazzini virtuali. Me lo sono trovata pure su ebay. Anche volendo vedere le cose unicamente da un punto di vista commerciale non capisco il senso del mettere in vendita dei libri in quel modo, riportando solo titolo e nome dell'autore, senza nessun accenno al contenuto, nessuna recensione, qualcosa, insomma, che possa fornire al "cliente" un'idea di che "prodotto" si tratti. Vendere il libro di un esordiente in questo modo, poi, significa svilire l'autore, e significa privarlo della possibilità di farsi conoscere.
C'è anche da considerare che esporre un libro autobiografico in un contesto come quello dei magazzini virtuali su internet è un po’ come mandare un messaggio del genere: "Non ho calzini, cellulari o mobili da vendere, ma posso appagare la tua morbosità con questo mio "racconto autobiografico", un paio di anni di cosette personali mie in cambio di pochi euro... un affare, e pure abbinato a buoni punti o scontato". Ecco, questo fu ciò che mi fece star male: questa offesa a me come persona e scrittrice, questo offendere e denigrare me e il mio libro, dando un'idea del tutto diversa di ciò di cui tratta.
Nel novembre del 2010 mi rivolsi a un avvocato affinché intimasse alla casa editrice di ritirare il libro da quei siti on-line e altri eventuali di cui io non fossi a conoscenza, riservandomi di chiedere in seguito il risarcimento dei danni che mi erano stati arrecati. Il legale della casa editrice rispose dicendo che la sua assistita era del tutto estranea a quella distribuzione on-line. Disse, inoltre, che quelli non sono siti seri, mentre la sua assistita era un’impresa seria. Disse che il mio libro sarebbe stato immediatamente tolto dal catalogo della sua assistita, ricordò che tra lei e me non c'era neppure un contratto, e che potevo tranquillamente acquistare le copie rimaste invendute. Tutto qua. Il mio avvocato rimase del tutto perplesso: come poteva, il mio libro, essere distribuito on-line senza che ci fosse di mezzo la casa editrice? Con una rapida e semplice ricerca, scoprii che a quei siti "non seri" la casa editrice aveva affidato per la vendita tutto il suo catalogo, e, di conseguenza, anche il mio libro.
Tutta questa storia mi ha solamente danneggiata e continua a danneggiarmi.
Emma Glissenti
RISPOSTA
di Alessandra Pulcini
Faccio seguito al quesito postomi per esprimerLe il mio parere in relazione alla vicenda per la quale si è rivolta a noi. Mi narra di aver sottoscritto un contratto di edizione per la pubblicazione e distribuzione della Sua opera “racconto autobiografico” anche a mezzo di un Suo personale contributo economico. Successivamente il contratto veniva interrotto a causa di un rifiuto espresso dell’editore di proseguire la distribuzione delle copie e a fronte di tale espressa volontà pacificamente le parti intendevano risolto l’accordo medesimo. Nonostante ciò, tre anni dopo, Lei veniva a conoscenza della pubblicazione in e-commerce della Sua opera senza che avesse mai concesso autorizzazione alcuna.
La fattispecie in esame richiama l’applicazione della legge sul diritto di autore del 22 aprile 1941 n. 633 che prevede oltre a una serie di norme a tutela dell’autore anche uno specifico contratto di edizione, una scrittura privata che definisce le modalità del rapporto tra autore e editore e con il quale “l’autore concede a un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell’editore stesso, l’opera dell’ingegno”.
Il contratto può avere ad oggetto tutti i diritti di utilizzazione che spettano all’autore o taluni di essi, e salvo patto contrario si presume che siano stati trasferiti i diritti esclusivi. Tra le differenti clausole che possono essere inserite in un contratto di edizione, può sussistere, tra editore e autore, un accordo in cui l’autore partecipa alle spese per la pubblicazione; detto contratto viene definito contratto “con contributo alle spese di pubblicazione”. I ricavi di vendita vengono poi divisi in percentuale tra autore e editore. Ciò accade di frequente con case editrici di dimensioni molto piccole. Ebbene, si tratta sempre di un contratto a prestazioni corrispettive, fonte di obbligazioni per entrambe le parti e nel caso “in cui l’acquirente del diritto di pubblicazione o riproduzione non fa pubblicare o riprodurre l’opera nel termine concordato (…) l’autore può domandare la risoluzione del contratto. Nel caso di risoluzione totale l’acquirente deve restituire l’opera ed è obbligato al risarcimento dei danni a meno che provi che la pubblicazione o riproduzione è mancata malgrado la dovuta diligenza”. Inoltre, qualora l’editore dichiari espressamente di non adempiere agli obblighi contrattuali ossia quando manifesti inequivocabilmente l’intento di non adempiere, legittima la controparte a conseguire la risoluzione del rapporto per colpa dell’editore medesimo ancorché non sia scaduto il termine pattuito per detta pubblicazione (…) (cfr. Cass. Civ. 17 marzo 1982 n. 1721).
L’utilizzo e lo sfruttamento dell’opera senza alcuna autorizzazione scritta da parte dell’autore configura l’ipotesi di un arricchimento senza giusta causa (senza contatto) che legittimerebbe un’azione di risarcimento del danno cagionato dal godimento illegittimo del bene da parte dell’autore.
In assenza di contratto, ossia, di un atto scritto inter vivos, i diritti di autore non possono essere ceduti, ciò in osservanza alle disposizioni normative della legge 633 del 1941, e alla normativa codicistica di cui agli artt. 2575, 2581, 2583 c.c. Quindi in conclusione Lei avrebbe pieno diritto di richiedere il risarcimento del danno a fronte dell’illegittimo comportamento dell’editore. Tuttavia, ai sensi dell’art. 2946 c.c. l’azione di risarcimento danni derivanti da fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c. - c.d. responsabilità aquiliana – si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.
Alessandra Pulcini