di Simona Baldanzi
Lunedì sera ero a Firenze, a cena da mia nonna che ha 94 anni. È in testa e quando siamo insieme mi piace tanto stare a sentire come e cosa racconta. All’inizio degli anni ’60 si trasferì dalle campagne del Mugello a Firenze perché, dei sei figli, tre lavoravano in città. “Io non ci volevo venire a Firenze”, mi dice. Pagavano l’affitto, non avevano un soldo da parte perché venivano dalla condizione di mezzadri e mio nonno era invalido. Iniziò a lavorare per un ristorante al Bandino, a Firenze Sud.
“Mi dicevano, prendi questo palombo e la bistecca per i tuoi figlioli! Dai, scegli quello che vuoi”. Mi guarda, mia nonna, mentre agita il ventaglio. “Poi rientravo all’una la notte e mi davano pure le giacche dei camerieri da lavare e io dovevo far piano per non svegliare nessuno”. E io: “E quanto ti pagavano?”. E lei: “Non mi pagavano, mi davano da mangiare per i figlioli. Icché? Io voglio scegliere da me icché comprare. Che mi importa di mangiare bistecche tutti i giorni”. Mi guarda ancora e mi dice: “Io volevo stare in Mugello e non venir qua a servire i signori senza essere pagata”. Alina, la badante, mi guarda, scuote la testa e commenta: “Si chiama boom economico”. Già, il nostro storico arricchimento del paese. Me ne accorgo ora come l’ha vissuto mia nonna. Continua: “Quando venni via e cambiai casa continuarono a cercarmi, a telefonarmi. Insistettero tanto e io sempre a dire no, no, basta”.
Così le racconto di Scrittori in Causa. Alina sembra molto interessata. Quando era in Polonia faceva la bibliotecaria. Ha letto tantissimi libri perché, come dice lei: “Non è come qua che fai la bibliotecaria così... da noi, ogni libro che arrivava dovevi spulciarlo, leggerlo bene e conoscerlo per poi poterlo prestare. Uno per uno, senza sgarrare”. "Poi, cosa hai fatto Alina?". “Poi è caduto il muro, è caduto il comunismo e hanno tagliato le biblioteche, e ho fatto un po’ l’insegnante. Poi sono venuta qua. Una volta caduto il comunismo, si è fatto spazio il capitalismo. In quel momento di passaggio io non avevo capito che bisognava essere furbi”.
Ho guardato mia nonna: Alina la considera una grande narratrice, mi dice sempre che ho preso da lei e a me questo pare il più bello tra i complimenti. Poi mi chiede di portarle le cose che scrivo, che a leggere solo i depliant che arrivano per posta si annoia. E poi mi fa: “Avete fatto bene a unirvi come scrittori. I diritti sono diritti da tutte le parti”.
Questo testo in forma ridotta è stato pubblicato sabato 10 luglio dal quotidiano L'Unità, edizione toscana.
Lunedì sera ero a Firenze, a cena da mia nonna che ha 94 anni. È in testa e quando siamo insieme mi piace tanto stare a sentire come e cosa racconta. All’inizio degli anni ’60 si trasferì dalle campagne del Mugello a Firenze perché, dei sei figli, tre lavoravano in città. “Io non ci volevo venire a Firenze”, mi dice. Pagavano l’affitto, non avevano un soldo da parte perché venivano dalla condizione di mezzadri e mio nonno era invalido. Iniziò a lavorare per un ristorante al Bandino, a Firenze Sud.
“Mi dicevano, prendi questo palombo e la bistecca per i tuoi figlioli! Dai, scegli quello che vuoi”. Mi guarda, mia nonna, mentre agita il ventaglio. “Poi rientravo all’una la notte e mi davano pure le giacche dei camerieri da lavare e io dovevo far piano per non svegliare nessuno”. E io: “E quanto ti pagavano?”. E lei: “Non mi pagavano, mi davano da mangiare per i figlioli. Icché? Io voglio scegliere da me icché comprare. Che mi importa di mangiare bistecche tutti i giorni”. Mi guarda ancora e mi dice: “Io volevo stare in Mugello e non venir qua a servire i signori senza essere pagata”. Alina, la badante, mi guarda, scuote la testa e commenta: “Si chiama boom economico”. Già, il nostro storico arricchimento del paese. Me ne accorgo ora come l’ha vissuto mia nonna. Continua: “Quando venni via e cambiai casa continuarono a cercarmi, a telefonarmi. Insistettero tanto e io sempre a dire no, no, basta”.
Così le racconto di Scrittori in Causa. Alina sembra molto interessata. Quando era in Polonia faceva la bibliotecaria. Ha letto tantissimi libri perché, come dice lei: “Non è come qua che fai la bibliotecaria così... da noi, ogni libro che arrivava dovevi spulciarlo, leggerlo bene e conoscerlo per poi poterlo prestare. Uno per uno, senza sgarrare”. "Poi, cosa hai fatto Alina?". “Poi è caduto il muro, è caduto il comunismo e hanno tagliato le biblioteche, e ho fatto un po’ l’insegnante. Poi sono venuta qua. Una volta caduto il comunismo, si è fatto spazio il capitalismo. In quel momento di passaggio io non avevo capito che bisognava essere furbi”.
Ho guardato mia nonna: Alina la considera una grande narratrice, mi dice sempre che ho preso da lei e a me questo pare il più bello tra i complimenti. Poi mi chiede di portarle le cose che scrivo, che a leggere solo i depliant che arrivano per posta si annoia. E poi mi fa: “Avete fatto bene a unirvi come scrittori. I diritti sono diritti da tutte le parti”.
Questo testo in forma ridotta è stato pubblicato sabato 10 luglio dal quotidiano L'Unità, edizione toscana.