Ci arrivano ormai periodicamente segnalazioni di concorsi letterari indetti da editori che chiedono ai vincitori del denaro per ritirare il premio, proprio come nelle vicende della Leonida Edizioni e della MCG Edizioni che abbiamo trattato in questa sede, scoprendo peraltro che queste due case editrici avevano millantato per i rispettivi concorsi dei patrocini istituzionali mai assegnati. Solitamente il premio in palio è la pubblicazione delle opere vincitrici, per pubblicare le quali viene chiesto agli autori denaro in diverse forme (contributo dell'autore, impegno all'acquisto di copie, editing e vari servizi letterari a pagamento, ecc). Vi ricorda qualcosa? Sì, si tratta a tutti gli effetti di editoria a pagamento che si ricicla in questa nuova forma, quella di indire concorsi letterari nel cui bando non compare l'informazione che una volta ottenuta la vittoria, e dunque la pubblicazione dell'opera con l'editore che ha indetto il concorso, si dovrà pagare per ritirare il premio.
A questo proposito, una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, ha confermato che se al consumatore viene richiesto di versare denaro o sostenere un costo
di qualsiasi natura per poter avere informazioni su un premio vinto o
per entrarne in possesso, ci troviamo di fronte ad una pratica
commerciale scorretta.
Leggiamo dalla sentenza:
«Direttiva 2005/29/CE – Pratiche commerciali
sleali – Pratica consistente nell’informare il consumatore del fatto che
ha vinto un premio e nell’obbligarlo, al fine di ricevere tale premio, a
sostenere un costo di qualsiasi natura».
Sempre dalla sentenza leggiamo la definizione del caso in cui, per esempio, nel bando nel concorso non compaia la fondamentale informazione che per ritirare il premio, cioè nel nostro caso ottenere la pubblicazione dell'opera, ai vincitori sarà chiesto del denaro:
«“falsare in misura rilevante il comportamento
economico dei consumatori”: l’impiego di una pratica commerciale idonea
ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una
decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di
natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».
E ancora:
«Dare la falsa impressione che il consumatore
abbia già vinto, vincerà o vincerà compiendo una determinata azione un
premio o una vincita equivalente, mentre in effetti qualsiasi azione volta a reclamare il premio o
altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al
sostenimento di costi da parte del consumatore».
La pratica di chiedere soldi ai vincitori viene infatti definita:
«aggressiva in quanto l’allusione a un premio
mira a sfruttare l’effetto psicologico creato nella mente del
consumatore dalla prospettiva di una vincita».
Non solo la Corte Europea ha stabilito con questa sentenza che ai vincitori di un concorso di qualunque genere non può essere imposto alcun costo, ma anche che non è rilevante il fatto che il costo sia irrisorio: sia ben chiaro dunque a quegli editori che credono di giustificare il fatto di chiedere soldi per pubblicare le opere vincitrici sostenendo che si tratti di costi competitivi rispetto ad altri editori a pagamento, come spesso ci è capitato.
Per chi volesse approfondire rimandiamo all'articolo di Silvia Surano dal quale abbiamo appreso la notizia di questa importante sentenza: Consumatori, premi e pratiche commerciali scorrette.
Concludendo: se hai vinto un premio letterario il cui premio in palio è la pubblicazione dell'opera vincitrice e l'editore che ha indetto il premio ti chiede soldi per pubblicarla, hai la facoltà di denuciarne la prassi scorretta e ingannevole ai tuoi danni, non solo per ottenere giustizia dei tuoi confronti da parte dell'editore truffaldino (e rientrare in possesso dei soldi dell'iscrizione, se li hai versati), ma anche per evitare che questo e altri editori continuino a sentirsi impuniti e liberi di organizzare queste trappole ai danni degli aspiranti scrittori.
Carolina Cutolo